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Patologie cardiovascolari prime cause di morte. La prevenzione in Italia

malattie cardiovascolari, un uomo con mano sul petto e delle line disegnano un cuore da un elettrocardiogramma

Le patologie cardiovascolari sono tra le principali cause di morte nel mondo e in Italia. Nella popolazione anziana, in Italia, si stima che almeno una persona su due soffra di patologie di tipo cardiovascolare e nel paziente diabetico c’è un incremento del rischio cardiovascolare. I controlli di routine dei livelli di colesterolo e glicemia nel sangue e della pressione arteriosa sono semplici esami che consentono una diagnosi tempestiva. I controlli, pertanto, non riguardano solo la popolazione a rischio di insorgenza di malattia croniche, ma tutta la popolazione, con una cadenza appropriata. I comportamenti di prevenzione non possono però prescindere dalla prevenzione primaria, che riguarda gli stili di vita: in particolare l’adozione di stili di vita salutari (sana alimentazione, riduzione nel consumo di sale, lotta all’obesità e al tabagismo, promozione dell’attività fisica) durante tutto il percorso di vita a partire dalla prima infanzia.
Nel 2015, con riferimento alla popolazione di 15-64 anni, l’Italia mostra, secondo l’ultimo Rapporto ISTAT 2017, un comportamento complessivamente più virtuoso della media europea con riferimento ai controlli del livello di colesterolo e glicemia nel sangue e meno virtuoso per quanto riguarda il controllo della pressione arteriosa (con conseguenti patologie). In particolare, concentrando l’attenzione sui maggiori paesi, simili al nostro per struttura della popolazione (Francia e Germania) e per aspetti socioeconomici (Spagna), l’Italia è il secondo paese più virtuoso per i controlli del colesterolo e della glicemia, dietro la Spagna e all’ultimo posto per il controllo della pressione arteriosa. L’esame per verificare il livello di colesterolo è stato eseguito nell’ultimo anno da quasi metà della popolazione residente in Italia e da circa un quarto entro i tre anni precedenti (i corrispondenti valori della Spagna sono 64,4 e 20,1 per cento); circa il 14 per cento non ha mai eseguito il controllo (in Spagna solo l’8,5 per cento ma il 19,5 e il 25,7 in Germania e Francia). Simili a quelli del colesterolo i valori relativi al controllo della glicemia in Italia. Nel caso del controllo della pressione arteriosa, invece, l’Italia mostra la quota più elevata di persone che non l’hanno mai rilevata (11,1 per cento rispetto a 2,9 della Germania, 6,8 della Spagna e 9,2 della Francia) e anche quella più bassa di persone che l’hanno controllata nell’ultimo anno (52,8 per cento a fronte di valori superiori al 70 per cento in Germania e Francia e al 63,4 per cento della Spagna).
L’indagine rende possibile un confronto tra paesi europei anche per altri tipi di screening per altre patologie, rivolti per lo più alla diagnosi precoce di alcune tipologie di tumori. Per la prevenzione dei tumori femminili nelle fasce di età target europee (20-69 anni per il Pap-test e 50-69 anni per la mammogra a), la posizione dell’Italia è in linea con la media dell’Unione europea, ma al di sotto della copertura di Francia e Germania e nel caso della mammogra a anche della Spagna. Nel caso del Pap-test, poiché i programmi di screening pubblici e le linee guida in Italia sono rivolti alle donne di 25 anni o più, a differenza di molti altri paesi europei (dai 20 anni in su), i livelli di accesso in Italia risultano inferiori, e lo svantaggio riguarda soprattutto le classi di età più giovani (sotto i 35 anni).

I risultati mostrano come, a parità di altre caratteristiche, le donne abbiano una maggiore propensione a svolgere controlli, così come i residenti nel Nord e nel Centro in confronto a chi risiede nel Mezzogiorno.
Prendendo come riferimento il gruppo delle famiglie a basso reddito di italiani, la propensione a svolgere controlli di prevenzione è inferiore per le famiglie a basso reddito con stranieri. È invece più elevata per la classe dirigente, i giovani, le famiglie di impiegati e pensioni d’argento (per i controlli del colesterolo e della glicemia).
Per la prevenzione dei tumori femminili, i protocolli sanitari di screening attuali consigliano di eseguire i controlli del Pap-test e della mammogra a con una cadenza raccomandata (3 anni per il Pap-test e 2 per la mammografia), considerando specifiche fasce di età, ovvero 25-64 anni per il Pap-test e 50-69 anni per la mammografia. La quota di donne in età raccomandata che ha eseguito un Pap-test negli ultimi tre anni risulta sotto la media nei gruppi delle famiglie a basso reddito e nel gruppo anziane sole e giovani disoccupati; mentre risulta maggiore per gli impiegati e la classe dirigente. Per la mammogra a sono svantaggiati gli stessi gruppi visti per il Pap-test, cui si aggiungono le famiglie tradizionali della provincia. Risultano più virtuosi i comportamenti dei gruppi degli impiegati e la classe dirigente.

Il ricorso alla prevenzione varia in Europa e tra i gruppi sociali. Il crescente invecchiamento della popolazione pone una delle sfide globali più complesse dal punto di vista sociale, economico e culturale. Dal punto di vista della salute, l’aumento della sopravvivenza genera un aumento costante di una fascia di popolazione più esposta a problemi di salute cronico-degenerativi. Tutto ciò pone, e porrà sempre di più in futuro, i sistemi sanitari dei paesi avanzati sotto pressione per l’aumento della domanda di cure per patologie, con conseguenti problemi di sostenibilità finanziaria.
In questo contesto, anche a livello internazionale, la sostenibilità delle attuali condizioni di salute della popolazione necessita di uno sforzo comune tra i Paesi. La strategia italiana si concentra su fattori di rischio comportamentali (prevenzione primaria), promuove gli screening (prevenzione secondaria), mette al centro della sua politica il ruolo del paziente come protettore della propria salute e assicura la qualità dell’assistenza della persona con malattia cronica.
Gli effetti di queste politiche dipendono poi sia dalle condizioni dei servizi (ad esempio la disomogeneità territoriale), sia dai fattori socio-culturali e di reddito che determinano i comportamenti individuali.

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