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Il colesterolo? Basta sabotarlo

Colesterolo, due uomini tengono in mano un panino e una mela

Il sogno di milioni di persone che ogni giorno lottano con un’alimentazione spartana per di cercare di  tenere a bada il colesterolo sembra essersi realizzato. Costruiti in laboratorio minuscoli, precisissimi, efficaci: i farmaci più innovativi per combattere colesterolo e trigliceridi alti sono piccoli “sabotatori” che vanno a intralciare il metabolismo dei lipidi impedendo che i livelli nel sangue diventino eccessivi. Si chiamano oligonucleotidi antisenso e ne hanno discusso gli esperti riuniti per il Congresso Nazionale della Società Italiana di Medicina Interna (SIMI), sottolineando come questi piccolissimi frammenti di RNA siano molto efficaci nel bloccare “dall’interno” la produzione di proteine implicate in numerose malattie come le coronaropatie, l’arteriosclerosi o anche il cancro. Le sperimentazioni cliniche di fase 2 su vari oligonucleotidi antisenso mirati al controllo dei lipidi, hanno infatti dimostrato che con questo approccio è possibile ridurre fino al 70% trigliceridi e colesterolo in eccesso con minor costi rispetto agli anticorpi monoclonali e meno effetti collaterali delle statine. Ulteriori studi (circa una trentina) sono attualmente in corso o in fase di avvio con gli oligonucleotidi in varie malattie, in quanto l’approccio è universale e si può adattare a moltissimi disturbi metabolici.

Un meccanismo semplice

«Parliamo di piccoli frammenti di RNA costruiti in laboratorio usando molecole, i nucleotidi, acidi nucleici identici a quelli che compongono sia DNA che l’RNA ma con una sequenza invertita, per questo si chiamano ‘antisenso’», spiega Domenico Girelli, docente di medicina interna dell’Università di Verona, coinvolto nell’individuazione dei bersagli molecolari e in una sperimentazione in fase di avvio anche in Italia. «In altre parole si utilizzano gli stessi mattoni ma si costruisce un muro alla rovescia. Quando questa catena si inserisce in quella vera, crea una serie di errori che bloccano la proteina PCSK9 responsabile della concentrazione del colesterolo cattivo. Infatti, quando entra in circolo la PCSK9 degrada una seconda proteina ‘spazzina’ incaricata di rimuovere l’LDL nel sangue: mettendo fuori uso la PCSK9 i livelli di LDL restano bassi proteggendo dalle malattie cardiovascolari correlate al colestrolo».

Nuove prospettive

In passato le terapie con oligonucleotidi antisenso, studiate anche in oncologia come possibili antitumorali, fallivano perché spesso non si riusciva a portare il farmaco dove necessario prima che venisse degradato dall’organismo; gli oligonucleotidi antisenso di seconda generazione sono modificati chimicamente per essere più resistenti e vengono associati a molecole che li aiutano ad arrivare agli organi bersaglio, come fegato, cuore e muscoli. Le sperimentazioni cliniche di fase 1 e 2 con i nuovi oligonucleotidi antisenso mostrano riduzioni di colesterolo e trigliceridi fino al 70%, sono perciò molto promettenti. «Lo sono anche perché i costi di realizzazione del farmaco sono stimati in circa un decimo rispetto agli anticorpi monoclonali – interviene Franco Perticone, presidente SIMI – Inoltre, si tratta di farmaci con una durata d’azione molto lunga: nel caso dell’oligonucleotide antisenso mirato a PCSK9 due, tre somministrazioni l’anno con iniezione sottocute sono sufficienti a ottenere un effetto anti-colesterolo simile a quello delle statine. Soprattutto, sono terapie estremamente selettive e quindi con il potenziale di un’ottima sicurezza e tollerabilità: gli oligonucleotidi antisenso possono legarsi solo al loro bersaglio, una volta individuato il target giusto possiamo costruire farmaci super-selettivi certi che non influenzeranno negativamente nessun altro organo o sistema. Esiste già un farmaco a base di oligonucleotidi antisenso approvato dalla Food and Drug Administration: si tratta di mipomersen, indicato per l’ipercolesterolemia familiare. Molti sono gli studi in corso con altri prodotti, la speranza è avere in un prossimo futuro nuove armi per combattere le iperlipidemie e ridurre così il rischio cardiovascolare, sia nei casi in cui c’è una predisposizione genetica, sia nei pazienti in cui il problema dipende soprattutto da uno scorretto stile di vita».

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