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Hiv, il test per l’autodiagnosi in farmacia senza ricetta

Hiv, un test di diagnosi

Da oggi nelle farmacie italiane è disponibile il test per l’autodiagnosi dell’HIV, lanciato in occasione della giornata mondiale contro l’Aids. Non necessita di alcuna ricetta medica per chi è maggiorenne, l’autotest, già presente in Francia, è stato accolto positivamente a riprova di un bisogno che non trovava risposta: far emergere il sommerso delle diagnosi tardive da HIV (in Italia si stimano da 6.500 a 18.000 persone sieropositive non diagnosticate), con una conseguente diminuzione del rischio collettivo; e anche intercettare persone che oggi non se la sentono di rivolgersi alle strutture preposte in cui si fanno i test per l’HIV.

L’Oms già da qualche giorno ha deciso di raccomandare l’auto test per l’HIV “come modo innovativo per raggiungere più persone con HIV e contribuire a realizzare l’obiettivo mondiale, lanciato nel 2014, di rendere consapevole del loro stato il 90% di tutte le persone con HIV entro il 2020”.
All’acquisto del test viene consegnato anche il materiale informativo. L’aiuto del farmacista serve a trasmettere alla persona il messaggio che la sieropositività non è più una condanna a morte. La paura di essere stigmatizzati in alcuni contesti sociali è infatti ancora molto presente.
In Italia solo il 43 per cento delle persone (Indagine NPS Italia/SWG 2016) è apparsa consapevole che per la cura efficace dell’infezione da HIV, bisogna agire prima possibile.

Prima di fare il test, però, è necessario osservare il cosiddetto “intervallo finestra”, ossia quel lasso di tempo che intercorre tra il momento del presunto contagio e la produzione di anticorpi che segnalano la presenza del virus. Per fare il test capillare bisogna quindi aspettare 90 giorni. L’autotest per l’HIV, se utilizzato correttamente, assicura anche la massima attendibilità nella rilevazione dell’infezione. Tuttavia, come per altri test è possibile, in rari casi, che risulti una falsa positività al virus, ossia che venga rilevata un’infezione in realtà non presente: per questo motivo, in caso di test positivo, è sempre necessario ripetere l’esame presso una struttura sanitaria e/o un laboratorio di analisi.

Nel 2015, sono state segnalate 3.444 nuove diagnosi di infezione da HIV pari a un’incidenza di 5,7 nuovi casi di infezione da HIV ogni 100.000 residenti. Un dato che segna un calo del 10% rispetto alle 3.850 nuove diagnosi del 2014.

Tra le nazioni dell’Unione Europea l’Italia si colloca al 13° posto in termini di incidenza delle nuove diagnosi HIV.

Le regioni con l’incidenza più alta sono state il Lazio, la Lombardia, la Liguria e l’Emilia-Romagna. Le persone che hanno scoperto di essere HIV positive nel 2015 erano maschi nel 77,4% dei casi. L’età mediana era di 39 anni per i maschi e di 36 anni per le femmine. L’incidenza più alta è stata osservata tra le persone di 25-29 anni (15,4 nuovi casi ogni 100.000 residenti).

Nel 2015, la maggioranza delle nuove diagnosi di infezione da HIV era attribuibile a rapporti sessuali non protetti, che costituivano l’85,5% di tutte le segnalazioni (eterosessuali 44,9%; MSM, maschi che fanno sesso con maschi, 40,6%). Nel 2015, il 28,8% delle persone diagnosticate come HIV positive era di nazionalità straniera.

In particolare, l’incidenza è stata di 4,3 nuovi casi ogni 100.000 tra italiani residenti e di 18,9 nuovi casi ogni 100.000 tra stranieri residenti. Le incidenze più elevate tra stranieri sono state osservate in Abruzzo, Molise, Puglia, Sicilia e Sardegna. Tra gli stranieri, la quota maggiore di casi era costituita da eterosessuali femmine (36,9%), mentre tra gli italiani da MSM (48,1%)

In Italia si stimano da 6.500 a 18.000 persone con Hiv non diagnosticato. Negli ultimi 10 anni è aumentata la proporzione delle persone con nuova diagnosi di AIDS che hanno scoperto di essere HIV positiva nei pochi mesi precedenti la diagnosi di AIDS, passando dal 20,5% del 2006 al 74,5% del 2015.

Il numero stimato dall’Istituto superiore di sanità di persone che vivono con l’infezione da HIV non diagnosticata è di 6.250 nel 2014. I maschi rappresentano il 73% dei non diagnosticati, gli stranieri il 28%. Nei tre anni di studio (2012/2014) le modalità di trasmissione più rappresentate sono state gli eterosessuali maschi (33 nel 2012 e 34% nel 2014) e gli MSM (31e 39%).

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