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Se lo smartphone diventa uno strumento diagnostico

Uno smartphone con il d-eye

Si chiama D-Eye ed è una cover hi-tech che applicata allo smartphone consente di valutare il fondo oculare e capire, ad esempio, se ci sono anomalie della retina. «Uno strumento come questo – spiega Giuseppe Mele, presidente Paidòss – consente un’analisi approfondita della retina, del nervo ottico e del cristallino soltanto avvicinando l’iPhone al viso del bimbo. Ci permette quindi di fare diagnosi rapidissime, più semplici e anche più precise rispetto all’oftalmoscopio classico». Lo strumento standard, infatti, deve accostato molto al viso e per questo non è gradito. Diversamente, chiedere a un piccolo di guardare la lucina di uno smartphone, peraltro di intensità attenuata e filtrata rispetto a quella del flash, non crea fastidi, anzi: i cellulari sono oggetti che affascinano tutti i bimbi.

Analisi approfondire

Grazie al D-Eye si possono osservare zone di retina più ampie rispetto all’oftalmoscopio classico ed è anche “social”, perché le immagini possono essere registrate e condivise con i colleghi per un consulto in caso di sospetto diagnostico. Tutto questo rende la cover speciale uno strumento utilissimo per ogni pediatra, perfetto per test rapidi di screening: se poi si teme che ci sia un problema, ovviamente si passa a esami più approfonditi con le macchine fotografiche che si trovano negli ospedali, più ingombranti e costose.

Tecnologia smart

La cover in alluminio (alle cui funzionalità si accede grazie a una specifica app da installare sul telefono) funziona grazie a minuscoli magneti ai quali viene fissato un piccolo dispositivo ottico che rende coassiale l’illuminazione del telefonino con la telecamera. In questo modo viene eliminato qualsiasi riflesso e il medico può vedere all’interno dell’occhio, affacciandosi a una “finestra” eccellente per individuare anomalie come la cataratta congenita o il retinoblastoma. Inoltre, la capacità di messa a fuoco dello smartphone permette di compensare l’eventuale difetto visivo del paziente. La semplicità d’uso lo rende perfetto per essere adoperato ovunque. Quindi per ora il maggior limite è la compatibilità con i soli iPhone.

Una cover sartoriale

«Il vantaggio di D-Eye è che chiunque di noi ha uno smartphone in tasca, lo svantaggio che i modelli cambiano ogni pochi mesi e ogni volta è necessario realizzare una cover “sartoriale” per ciascuna nuova tipologia di telefono», spiega Andrea Russo, che ha depositato il brevetto appena tre anni fa e poi, grazie all’incubatore di start up padovano Si14, ha iniziato a produrlo a livello industriale dopo aver ottenuto la certificazione CE e della Food and Drug Administration statunitense. «L’iPhone è lo smartphone con una geometria più stabile, per cui per il momento ci siamo concentrati su questi modelli; l’obiettivo ora è creare un D-Eye universale che possa adattarsi a qualunque modello di cellulare. Il dispositivo, oltre a essere utile per i test nei bambini, è molto valido anche in altre situazioni cliniche: è stato testato per l’analisi di adulti con retinopatia diabetica o ipertensiva, per esempio, e anche per riconoscere le alterazioni retiniche nei pazienti con glaucoma».

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