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NapLAB e le nuove frontiere della ricerca scientifica

Mieloma

Si chiama NapLAB ed è un laboratorio nel quale la ricerca scientifica sembra rasentare la fantascienza, una costola dell’IRCCS SDN di Napoli, che poi è l’unico Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico in Italia di natura diagnostica. L’acronimo è quello di Neuro Anatomy and image Processing LABoratory ed è quindi subito chiaro di cosa ci si occupa, anche se il fiore all’occhiello è la vocazione hi-tech dei macchinari e delle azioni di ricerca e soprattutto l’integrazione sistemica dei saperi al servizio dello sviluppo della ricerca e della diagnostica. Al suo interno NapLAB riunisce infatti tutte le competenze tecnologiche relative al settore dell’imaging diagnostico al servizio delle esigenze clinico-scientifiche: fisici, ingegneri, biotecnologi, informatici, psicologi che lavorano accanto ai radiologi per raggiungere quanto prima il futuro approdo della medicina personalizzata, quella che sceglie la terapia migliore in base alle necessità ed ai geni del singolo paziente.

Nuove frontiere

La presentazione del lavoro di NapLAB  si è tenuta oggi, in occasione dell’intervento di Luis Martí-Bonmatí, direttore del Dipartimento di Medicina per Immagini de “La Fe University and Polytechnic University Hospital” di Valencia al ciclo di incontri «Le nuove frontiere della ricerca scientifica», ideato e promosso dal IRCCS SDN, con la direzione scientifica Marco Salvatore, per divulgare le nuove scoperte della ricerca scientifica in campo biomedico. Tema della conferenza, coordinata da Arturo Brunetti, direttore dell’Istituto di Radiologia dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, saranno le nuove frontiere della radiomica e il futuro della medicina di precisione. «L’evoluzione tecnologica della strumentazione di diagnostica per immagini e di laboratorio – anticipa il direttore scientifico dell’IRCCS SDN, Marco Salvatore – sta rivoluzionando la capacità di ricavare informazioni utili al paziente per garantire un iter diagnostico personalizzato». Tradizionalmente le immagini radiologiche erano interpretate dagli specialisti tramite una valutazione visiva che si rifletteva in un referto prevalentemente descrittivo. Oggi, come ha evidenziato Salvatore «le immagini diagnostiche provenienti da modalità avanzate come la risonanza ad alto campo, la TAC a doppio tubo e metodiche ibride come la PET-risonanza, contengono molte più informazioni utili alla diagnosi rispetto a quelle rilevabili solo visivamente e grazie al supporto dei calcolatori di nuova generazione e di metodi avanzati di analisi dei dati si riesce a derivare dall’informazione complessa contenuta negli esami di diagnostica per immagini, biomarcatori numerici utili ad una diagnosi più precisa e più precoce e ad un percorso terapeutico specifico per il singolo paziente». Un’attività che apre uno scenario rivoluzionario, in cui diventa possibile leggere un referto radiologico come un referto di laboratorio e in cui è i risultati sono quantitativi e possono essere valutati risultati rispetto a dei valori normativi.

Dalla radiomica alla radiogenomica

Luis Martí-Bonmatí spiega che  «lo studio e l’applicazione di metodi di calcolo numerico a immagini diagnostiche rientrano in una nuova scienza, la radiomica, che si pone l’obiettivo di stabilire un quadro completo delle caratteristiche  significative di stati patologici o di risposta alla terapia». Ed è proprio questo uno dei settori d’azione di NAPLAB che lavora in particolare in uno dei campi di applicazione principali della radiomica: quello oncologico, nel quale, come spiega il fisico Marco Aiello, coordinatore di NapLAB,  «le immagini relative a lesioni tumorali vengono elaborate secondo procedure radiomiche consentendo un confronto numerico e statistico dei risultati con altre caratteristiche individuali come le informazioni genomiche». Ed qui che, guardando al futuro della medicina personalizzata, la radiomica diventa radiogenomica.

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