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Diabete 1, anticorpo monoclonale efficace nel tempo

Diabete 1, misuratore sul braccio
Diabete

Il diabete di tipo 1 è la seconda malattia cronica più comune dell’infanzia (al primo posto c’è l’asma). La patologia impatta sulla qualità della vita. Inoltre, secondo alcuni studi su pazienti con diagnosi prima dei 10 anni, riduce l’aspettativa di vita (14 anni negli uomini e più di 17 anni nelle donne).

La malattia mostra nel 10% dei casi una ricorrenza nelle famiglie. Di conseguenza nei casi in cui viene diagnosticata aumenta il rischio anche per i familiari del paziente. In particolare, possono esserci delle fasi asintomatiche prima di mostrare la comparsa di autoanticorpi (tipica dello stadio 1) e alterazione dei livelli di glicemia (stadio 2). In questo stadio, le risposte metaboliche al carico di glucosio sono alterate mentre i livelli di emoglobina glicata (uno dei principali marcatori della malattia) rimangono normali.

Il 27 settembre, sulla Gazzetta Ufficiale n. 226, è stato pubblicato il testo della legge che istituisce un programma di screening per la diagnosi precoce di diabete di tipo 1 e celiachia nella fascia di età tra 1 e 17 anni. Questa iniziativa in cui l’Italia è pioniera, vuole identificare i soggetti a rischio e prevenire complicanze potenzialmente fatali, attraverso una diagnosi tempestiva.

Diabete 1, nuova cura

La produzione di insulina è fondamentale per evitare complicanze micro e macroangiopatiche del diabete tipo 1. Lo dimostrano i risultati degli studi internazionali del Diabetes Control Complication Trial. Un anticorpo monoclonale ha dimostrato di preservare la produzione di insulina sino al termine del trial (un anno e mezzo). I dati della fase III dello studio Protect sull’utilizzo dell’anticorpo monoclonale (Teplizumab) in bambini e ragazzi dagli 8 ai 17 anni con neo-diagnosi di diabete di Tipo 1 sono stati presentati al 49mo Congresso ISPAD (International Society for Pediatric and Adolescent Diabetes) di Rotterdam. Lo studio, appena pubblicato sulla rivista New England Journal of Medicine (NEJM) ha promosso la molecola come capace di mantenere la produzione di insulina per tutta la durata dello studio (esattamente 78 settimane) rispetto a coloro che non hanno ricevuto il farmaco.  

Inoltre lo studio ha dimostrato che la proporzione di individui trattati che raggiunge entrambi gli obiettivi ovvero emoglobina glicata inferiore/uguale a 6.5% e una dose di insulina inferiore a 0.25 unità per kg di peso corporeo è significativamente superiore rispetto ai soggetti trattati con placebo al termine dello studio.

“Il teplizumab aveva già dimostrato di ritardare il declino della funzione delle cellule beta, che producono insulina, di circa 2 anni nei familiari a rischio ovvero che avessero positività per almeno due autoanticorpi del diabete e una condizione di alterazione dei livelli di glicemia (stadio 2) (NEJM, 2019). Tanto che la Food and Drug Administration ne aveva approvato l’utilizzo a novembre del 2022 per bambini ed adolescenti che avessero positività per almeno due autoanticorpi del diabete e una condizione di disglicemia. Oggi agli ottimi risultati in termini di prevenzione si aggiungono ora risultati assai significativi in termini di ‘mantenimento della produzione di insulina dalla diagnosi sino al termine dello studio, effetto assai importante per il dilazionamento nel tempo dell’insorgenza delle complicanze del diabete.” Lo ha sottolineato la Professoressa Raffaella Buzzetti, Presidente Eletto della SID  “In particolare – ha continuato – agisce sulle cellule immunitarie ritenute responsabili della distruzione delle beta-cellule del pancreas permettendo il mantenimento della produzione di insulina in risposta all’introito di zuccheri nell’organismo”.

L’anticorpo monoclonale è stato approvato dall’FDA americana nel novembre 2022 e prima che sia disponibile in Italia si dovrà attendere l’approvazione da parte dell’ente regolatorio europeo EMA e italiano AIFA. Potranno beneficiare i soggetti con più di 8 anni con predisposizione al diabete tipo 1 nei quali quindi lo screening abbia evidenziato due o più autoanticorpi e che abbiano una condizione di “disglicemia”.

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