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Montali: «Vi spiego perché il golf fa bene»

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Sport e salute è un binomio abbastanza ovvio. Tuttavia, ragionando sulle attività più adatte a tenersi in forma, in pochi scommetterebbero sul golf. Ma sono proprio quei pochi che dimostrerebbero di saperla lunga. Lo sa bene Gian Paolo Montali, direttore generale del progetto Ryder Cup 2022: «Il golf – dice – è uno sport che unisce tecnica e allenamento. Basti pensare che lo swing (movimento con il quale si colpisce la pallina, ndr) mette in azione 600 dei 752 muscoli del nostro corpo».

Ma è alla portata di tutti?

«Che non lo sia è ormai solo un luogo comune. Inoltre, il nostro obiettivo è quello di rendere ancor più semplice il coinvolgimento del grande pubblico creando campi di allenamento. Il progetto Ryder Cup ha tra i suoi obiettivi il coinvolgimento dei Comuni per recuperare zone dismesse e farne proprio dei luoghi per la pratica».

Come può il golf essere d’aiuto sul tema della prevenzione?

«Il fatto che non ci sia una massimizzazione dello sforzo, come invece avviene in altre pratiche, non deve trarre in inganno. Quattro anni fa l’Oms ha definito l’ormai famosa raccomandazione dei 10mila passi al giorno. Beh, durante le partite si cammina molto. Si genera così un’attività di almeno cinque ore a bassa intensità, perfetta per tenere in allenamento il cuore senza sforzarlo e migliorare la circolazione».

Serve una preparazione prima della partita?

«Questo è un altro aspetto sottovalutato. Non solo prima della partita, ma anche prima degli allenamenti si fanno esercizi di stretching che, ovviamente, ripetuti nel tempo migliorano la condizione fisica. Inoltre il golf è uno sport che allena il cervello».

Può spiegarci meglio?

Gian Paolo Montali
Gian Paolo Montali

«Imprimere alla pallina la giusta traiettoria e forza significa sviluppare una grande coordinazione neuromuscolare. Il cervello dev’essere considerato come un muscolo, che con l’allenamento migliora. Giocare un’intera partita e cercare di vincerla equivale ad essere concentrati per ore, studiare il terreno e capire come arrivare al green nel miglior modo possibile è un allenamento formidabile. Si sviluppano capacità che ci aiutano ad avere successo anche nella quotidianità».

 

Lei parla spesso di un alto valore educativo, perché?

«In questo sport si è arbitri di se stessi. Si impara a darsi delle regole e a rispettarle. Non è superfluo sottolineare quanto questo sia importante rapportato ai nostri stili di vita e alla nostra salute. E poi il golf è uno sport incredibilmente democratico. Con il meccanismo dell’handicap giocatori di diverse categorie possono affrontarsi alla pari».

In cosa consiste l’handicap?

«In poche parole è un vantaggio che viene assegnato ai partecipanti dei tornei dilettantistici. Più un giocatore è bravo, meno colpi gli sono concessi per chiudere ogni buca».

Si può dire che il golf è uno sport inclusivo?

«Io ne sono convinto, ne è la prova il fatto che la Ryder Cup ha una grande attenzione al sociale. Nel progetto sono previsti una serie di eventi per persone con disabilità, ad esempio con sindrome autistica. Di recente abbiamo dato origine al settore paralimpico. C’è da sempre grande partecipazione al progetto SuperAbili durante gli Open di Golf e quest’anno Roma ospiterà anche il campionato per non vedenti».

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