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Governo, i chirurghi ospedalieri: Serve un nuovo inizio

di Pierluigi Marini*

Ci siamo, dopo quasi tre mesi abbiamo finalmente un governo. I più ottimisti sostengono sia il primo ella Terza Repubblica, quello del cambiamento. Vedremo. Lo valuteremo dai fatti, senza alcun preconcetto. Noi chirurghi sappiamo solo che serve un nuovo inizio, un nuovo percorso capace di restituire ai cittadini ed ai corpi intermedi l’indispensabile fiducia nei confronti dei propri rappresentanti. Intanto ci limitiamo ad osservare che sia un bene per il Paese che, dopo mesi di tensione, sia nato il nuovo esecutivo. Auguriamo buon lavoro al nuovo ministro della Salute Giulia Grillo. Una donna giovane fa ben sperare sulla possibilità di avere un riferimento istituzionale con cui confrontarsi sui grandi problemi strutturali che riguardano gli ospedali, i chirurghi e soprattutto i pazienti. Come società scientifica siamo disponibili a collaborare nell’interesse generale sui grandi temi: formazione e accesso al lavoro per i giovani chirurghi, diritto di accesso alle cure standard in tutte le regioni d’Italia, rilancio della sanità pubblica, innovazione e sostenibilità tecnologica nella chirurgia, attuazione della legge sulla responsabilità medico-legale del personale sanitario, specie in materia di rapporti con le assicurazioni, e linee guida.

La scorsa legislatura ha fatto registrare importanti passi avanti nel campo delle politiche sanitarie, ma non ha certamente risolto i tanti, troppi problemi del Servizio Sanitario Nazionale. C’è ancora molto da fare. Un esempio su tutti: è urgente concludere l’iter sui decreti attuativi della legge Gelli sulla responsabilità medico-legale del personale sanitario, perché, ad oggi, questo vuoto legislativo ha avuto il paradossale effetto di provocare l’innalzamento dei costi assicurativi e l’aumento del contenzioso medico legale. Proprio quello che, nella sua ratio, la legge avrebbe dovuto contrastare.

Dall’urgenza, passiamo ad analizzare le principali questioni strategiche da affrontare per migliorare la qualità del Ssn.

Su tutte l’assoluta necessità di ridurre lo squilibrio Nord-Sud. Oggi in Italia esistono 21 diversi sistemi sanitari. Questo inaccettabile divario imporrebbe, a nostro avviso, una modifica del Titolo V della Costituzione per standardizzare verso l’alto l’accesso alle cure e la qualità delle prestazioni, perché la regionalizzazione della sanità, per come è stata attuata, è stata un evidente fallimento. Non è tollerabile un sistema che produce una ‘migrazione sanitaria’ che avvantaggia solo chi può andare a curarsi nelle regioni più virtuose.  

Per quanto riguarda l’accreditamento delle società scientifiche, si rischia di realizzare un semplice elenco che tiene dentro tutti senza accreditare chi ha titoli, caratteristiche e autorevolezza scientifica, con il risultato di creare grande confusione e, conseguentemente, allungare i tempi di definizione delle linee guida.

C’è poi la questione fondamentale della formazione post laurea: è tempo che l’Italia si apra alle esperienze dei paesi all’avanguardia nel campo e inizi a dare la possibilità agli ospedali di gestire in autonomia i percorsi formativi. La nostra non è una richiesta corporativa, ma la logica presa d’atto di un’evidenza scientifica: negli ospedali scuola si può fare una formazione di altissimo livello culturale, scientifico e pratico.

E’ su questi temi fondamentali che rilanciamo l’appello ad una interlocuzione stabile con il nuovo governo, col ministro Grillo e con tutto il mondo istituzionale, nell’esclusivo interesse dei cittadini e dei pazienti. Lo chiediamo mentre assistiamo ad un rafforzamento della sanità privata e privata accreditata e riceviamo segnali preoccupanti da quella pubblica. Si deve invertire la tendenza e rilanciare il Servizio Sanitario Nazionale.

*presidente Acoi (Associazione Chirurghi Ospedalieri Italiani)

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