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Casco obbligatorio in bici: per Fiab sicurezza deriva da un altro fattore

Casco obbligatorio in bici: per Fiab sicurezza deriva da un altro fattore

Si è tornati a parlare di casco obbligatorio per i ciclisti con l’arrivo di una nuova proposta in Parlamento. Ma per lo studio Safety in numbers la sicurezza deriva piuttosto dal numero dei ciclisti in circolazione.

A chi vorrebbe una norma del Codice della Strada che imponga l’utilizzo dell’elmetto per chi pedala, da tempo la Federazione Italiana Amici della Bicicletta dice sì, ma non in forma obbligatoria. Nonostante sia un dispositivo di sicurezza, consigliato soprattutto ai più piccoli, già nel 2008 in un documento il Consiglio Nazionale aveva espresso posizione contraria all’obbligatorietà, perchè la misura non avrebbe fatto altro che scoraggiare sempre più persone dalla scelta della bici per gli spostamenti quotidiani.

Secondo i dati, infatti, non sarebbero i ciclisti a rischiare maggiori ferite al capo in caso di incidente. Nel documento si citano studi che mostrano come siano soprattutto gli automobilisti a subire urti alla testa (40%), seguiti da pedoni (39%), motocilisti (12%) e infine dai ciclisti (8%).

In Parlamento intanto la nuova legislatura ha già visto battezzata un’altra proposta di obbligatorietà del casco per i ciclisti. Alberto Gusmeroli, già sindaco di Arona e neodeputato della Lega, ha infatti rilanciato questa “soluzione” che si dovrebbe estendere a tutti i pedalatori. Soluzione inconciliabile, dunque, con quella avanzata da sempre da Fiab, convinta piuttosto della bontà di misure che stimolino la diffusione della mobilità ciclistica nelle città, allargando lo spazio dedicato a pedoni e ciclisti, sottraendolo dunque alle automobili.

Sull’uso consapevole e non obbligatorio del casco si era espressa anche l’European Cyclists’ Federation (Ecf), la Federazione europea bike friendly con sede a Bruxelles di cui Fiab fa parte esprimendone fra l’altro il vicepresidente Alessandro Tursi, eletto pochi mesi fa. A livello europeo ci sono stati in effetti alcuni paesi, come Malta e Bosnia Erzegovina, che in passato avevano prescritto l’utilizzo del casco. Salvo poi abrogare il tutto perché si erano convinti che la misura aveva soltanto disincentivato la mobilità ciclistica allontanando le persone dalla bicicletta.

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Insomma per la sicurezza dei ciclisti, il casco non è determinante, come mostra Safety in numbers, la campagna inglese promossa in collaborazione con il ministero dei Trasporti dalla CTC, associazione bike friendly d’Oltremanica, che Fiab sostiene in pieno. Lo studio si riassume così: più ciclisti circolano nelle città, e più aumenterà il livello di sicurezza stradale per tutti.

Questo perché, scrive il responsabile sicurezza Fiab Edoardo Galatola: «all’aumentare dei ciclisti i conducenti di mezzi motorizzati fanno maggiore attenzione alla loro presenza e cercano di anticiparne i comportamenti». E i numeri non mancano. «In Olanda – riporta Galatola – nel periodo 1980-2005 è stato registrato un incremento di ciclisti del 45% a fronte di una riduzione del 58% della mortalità».

 

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