Psicologia

Depressione, in italia ne soffrono 3 milioni di persone

Depressione: solo la metà di chi ne soffre riceve diagnosi e cure adeguate

La depressione è certamente uno dei mali del millennio. Vuoi per ragioni sociali, vuoi per ragioni economiche, questa patologia colpisce ormai moltissime persone, anche giovanissimi, in tutto il mondo. In Italia si parla di oltre 2,8 milioni (il 5,4% della popolazione con oltre 15 anni)  di persone e di un costante aumento tra gli anziani. E anche se l’Italia è uno dei paesi Ue con meno depressi (5,5% contro il 7,1% la media Ue), tra gli over-65 il valore raddoppia (11,6% contro l’8,8% della media Ue). La depressione colpisce di più le donne (9,1% contro 4,8%) e chi non lavora. Dichiara disturbi depressivi e ansia, tra 35-64 anni, l’8,9% dei disoccupati e il 10,8% degli inattivi rispetto al 3,5% degli occupati (Dati Istat).

Sempre più soli

Sorprende che in una società sempre più connessa e tecnologica, la causa di tanta disperazione sia in realtà l’isolamento sociale, soprattutto tra anziani e disoccupati. A dare una lettura degli ultimi dati dell’Istat sulla salute mentale è lo psichiatra e past president della Società italiana di psichiatria (Sip) Claudio Mencacci. «Il disturbo depressivo – spiega l’esperto – è in aumento in primo luogo tra gli anziani, soprattutto donne, e la causa primaria sta nella progressiva e crescente sensazione di isolamento sociale avvertita da questa fascia di popolazione». Infatti, rileva, «si è impoverita la rete familiare e sociale e, in primo luogo nelle metropoli, è ormai venuta a mancare quella tradizionale assistenza di buon vicinato del passato». Proprio l’isolamento sociale dunque, spiega Mencacci, «è la molla che, in questi soggetti, può far scattare la depressione. Al contrario, le relazioni sociali contribuiscono a mantenere viva l’attività cerebrale».

La disoccupazione

Sempre l’isolamento è la chiave per spiegare l’aumento del disturbo anche tra disoccupati, inoccupati o persone con livello basso di istruzione: «Proprio queste categorie, alle quali si aggiungono anche gruppi in aumento di giovani che non studiano e non cercano lavoro, sono tra quelle a maggior rischio di ghettizzazione. Una condizione che, in soggetti particolarmente vulnerabili, può facilmente aprire la strada al disturbo depressivo». Quanto all’aumento dei disturbi intellettivi anche tra bambini e ragazzi che frequentano le scuole, come rilevato dall’Istat, secondo Mencacci la progressiva crescita dei casi è da mettere in relazione anche con i metodi diagnostici oggi più precisi e mirati. Tuttavia, avverte l’esperto, «va detto che i sempre più diffusi disturbi comportamentali tra giovani e giovanissimi sono anche spesso legati alla mancanza di sonno e all’eccessivo uso delle tecnologie».

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