Alimentazione

Dieta globale? Quella mediterranea è la migliore

Suolo: in primo piano un broccolo, due pomodori e un peperone
come dieta globale

Le cattive abitudini a tavola provocano rischi più alti per la salute di tabacco, sesso non protetto e alcol tutti insieme. Per salvare noi e il pianeta occorre raddoppiare a livello globale i consumi di frutta, verdura, legumi e noci e ridurre di oltre il 50% quelli di zuccheri e carni rosse entro il 2050.  Sono alcuni dei passaggi dello studio della Commissione Eat-Lancet che sarà presentato oggi a Oslo e pubblicato dalla prestigiosa rivista scientifica Lancet. La commissione, finanziata dalla Fondazione Eat della coppia di miliardari norvegesi Petter e Gunhild Stordalen, riunisce autori considerati tra i massimi esperti di nutrizione e sostenibilità (dal professore di Harvard Walter Willett all’inventore del “chilometro zero” Tim Lang) provenienti da università di tutto il mondo e organizzazioni come Fao e Oms.

Cambio di marcia

L’obiettivo è piuttosto ambizioso: proporre una “dieta sana universale di riferimento” basata su criteri scientifici per nutrire in modo sostenibile una popolazione mondiale di 10 miliardi di persone nel 2050 ed evitando fino a 11,6 milioni di morti l’anno dovuti a malattie legate ad abitudini alimentari non sane. Uno dei riferimenti espliciti del gruppo di studiosi è la dieta Mediterranea nella versione “frugale” praticata in Grecia alla metà del secolo scorso. La dieta universale prevede l’assunzione di 2.500 chilocalorie al giorno che, in una gamma flessibile, si traducono in approssimativamente 230 grammi di cereali integrali, 500 di frutta e verdura, 250 di latticini, 14 di carni (bovine o suine o ovine), 29 di pollo, 13 di uova, 28 di pesce, 75 di legumi, 50 di noci, 31 di zuccheri (aggiunti e non). Condimento consigliato gli oli vegetali, extravergine di oliva o colza.

Evitare gli sprechi

Oltre a cambiare i consumi, riducendo gli sprechi del 50%, gli autori del rapporto fissano obiettivi-limite nell’utilizzo di terra, acqua e nutrienti per la produzione agricola sostenibile. E indicano una grande varietà di aree di intervento per raggiungere questi risultati coinvolgendo governi, industrie e società, come ad esempio l’educazione e l’informazione, l’etichettatura, tasse sul cibo, il sostegno economico alla produzione di alimenti sani.

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