Psicologia

Dipendenza da videogame, allarme dell’Oms

Videogiochi: joystick in mano ad un bambino

Trascorrono sempre più tempo davanti al monitor, si isolano, sviluppano insonnia e nevrosi. È l’identikit dei “gamers” patologici, quelli che non riescono proprio a staccarsi dalla consolle. Un tema che sta diventando sempre più preoccupante, al punto da far finire la dipendenza da videogiochi nell’elenco delle malattie dell’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms).

IL VOTO

Durante l’Assemblea Generale in corso a Ginevra i Paesi membri hanno votato a favore dell’adozione del nuovo aggiornamento dell’International Statistical Classification of Diseases and Related Health Problems (la cui sigla è Icd-11), che contiene per la prima volta il “Gaming Disorder”. Il nuovo testo, che sarà in vigore dal primo gennaio 2022, contiene definizioni e codici per oltre 55 mila malattie e condizioni patologiche, e viene usato per uniformare diagnosi e classificazioni in tutto il mondo.

GAMING DISORDER

Questo disturbo è definito come «una serie di comportamenti persistenti o ricorrenti legati al gioco, sia online che offline, manifestati da: un mancato controllo sul gioco; una sempre maggiore priorità data al gioco, al punto che questo diventa più importante delle attività quotidiane e sugli interessi della vita; una continua escalation del gaming nonostante conseguenze negative personali, familiari, sociali, educazionali, occupazionali o in altre aree importanti». Per essere considerato patologico, continua il capitolo dedicato al problema, il comportamento deve essere reiterato per 12 mesi, «anche se la durata può essere minore se tutti i requisiti diagnostici sono rispettati e i sintomi sono gravi». Tra le altre novità introdotte nel manuale ci sono anche l’introduzione di un capitolo sulla medicina tradizionale e la riorganizzazione delle malattie sessuali, che prima erano divise in varie parti del manuale, sotto un unico capitolo.

NEL PROFONDO

Ciò che non si dovrebbe mai sottovalutare è che alla base di una dipendenza, di qualsiasi tipo sia, c’è sempre un problema più ampio. Spesso il fattore psicologico è determinante. Nel videogioco, ad esempio, ci si crea una nuova personalità, soprattutto nei giochi di ruolo: è un modo di sfuggire alle interazioni sociali convenzionali. Chi ha quella che gli specialisti definiscono una “personalità evitante” trova una sicurezza che non ha nella vita vera. Ci si costruisce un personaggio dal quale poi è difficile staccarsi, perché in quella costruzione si riesce a dare sfogo al bisogno del controllo. Solitamente, chi si rifugia in mondi digitali ha difficoltà relazionali. Più o meno inconsciamente, l’interazione viene percepita come minacciosa, provoca ansia e difficoltà.

la memoria della pelle

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