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Malattie cerebrovascolari seconda causa di morte. Il documento sulla prevenzione

Le malattie cerebrovascolari sono la seconda causa di morte e la terza causa di disabilità a livello mondiale. Sono anche responsabili di circa un decimo degli anni persi per morte prematura o disabilità, oltre al carico sociale (burden) per il paziente e i familiari che lo assistono. Con l’invecchiamento della popolazione aumenterà sia l’incidenza totale dell’ictus, che è la manifestazione clinica più frequente tra le malattie cerebrovascolari, sia il carico sociale conseguente alla disabilità post ictus.

Alle malattie cerebrovascolari è dedicato il documento Prevenzione delle malattie cerebrovascolari lungo il corso della vita prodotto dai lavori dell’Alleanza Italiana per le malattie cardio-cerebrovascolari, patto volontario per contrastare le patologie cardio e cerebrovascolari sottoscritto tra Ministero della salute, Società scientifiche, Associazioni dei pazienti e altri Enti del settore. Il documento è stato redatto, sulla base delle indicazioni del Comitato esecutivo dell’Alleanza e in coerenza con i Piani e i Programmi nazionali (Piano Nazionale della Prevenzione, Piano Nazionale Cronicità, Programma “Guadagnare salute: rendere facili le scelte salutari”), dal Gruppo di lavoro sulle malattie cerebrovascolari, costituito nell’ambito dell’Alleanza.

Si tratta di un testo di carattere scientifico ed evidenced based sulla prevenzione delle malattie cerebrovascolari e in particolare dell’ictus. Il documento racchiude gli elementi cardine della prevenzione primaria quali il contrasto ai principali fattori di rischio e la promozione di stili di vita salutari, considerando tutti aspetti delle diverse età e del periodo della gravidanza.

Principali fattori di rischio dell’adulto

  • Tabagismo
  • Sedentarietà/scarsa attività fisica
  •  Consumo rischioso e dannoso di alcol
  •  Scorretta alimentazione (ricca di grassi saturi e/o sodio e/o povera di verdure, frutta e pesce e/o
    caratterizzata da un apporto calorico inadeguato rispetto al fabbisogno energetico)
  • Sovrappeso ed obesità
  •  Ipertensione arteriosa
  • Dislipidemie
  •  Intolleranza al glucosio
  •  Diabete
  •  Fibrillazione atriale
  •  Sindrome delle apnee ostruttive nel sonno (OSAS)
  • Uso di contraccettivi orali
  •  Terapia ormonale sostitutiva

Malattie cerebrovascolari. I numeri

Tra il 1970 e il 2008, l’incidenza dell’ictus cerebrale si è ridotta di oltre il 40%, passando da 163 a 94 casi per 100.000 abitanti per anno, nei Paesi ad alto reddito, mentre nei Paesi a reddito medio o basso l’incidenza è più che raddoppiata, con un incremento da 52 a 117 casi per 100.000 abitanti per anno. Contemporaneamente, la mortalità precoce per ictus è diminuita sia nei Paesi ad alto reddito sia in quelli a reddito medio o basso (1-Feigin VL 2009). Il calo di incidenza dell’ictus cerebrale nei Paesi ad alto reddito contrasta con il continuo aumento dell’età media della popolazione. I dati disponibili mostrano una maggior incidenza dell’ictus cerebrale nei maschi rispetto alle femmine (4-Feigin VL 2017), come possibile conseguenza del maggior carico in essi di taluni fattori di rischio; l’incidenza è tuttavia diminuita in entrambi i sessi dal 1990 al 2013, nelle femmine più che nei maschi (4-Feigin VL 2017), riducendosi soprattutto nelle fasce di età più elevate della popolazione con una tendenza all’incremento nei giovani (5-Guéniat J 2018; 6-Cabral NL 2017). L’ictus ischemico rappresenta circa l’80% degli eventi cerebrovascolari acuti; più rari sono l’emorragia intracerebrale (15-20%), l’emorragia subaracnoidea (3-5%) e gli eventi cerebrovascolari acuti mal definiti (1-3%).
Anche in Italia l’incidenza dell’ictus cerebrale globalmente si è ridotta nelle ultime due decadi da 293 a 143 casi per 100.000 abitanti per anno (7-Ornello R 2018), risultando lievemente più alta nelle femmine (147 casi per 100.000 abitanti per anno) che nei maschi (139 casi per 100.000 abitanti per anno) (7-Ornello R 2018; 8-Tiseo C 2017) e con un incremento dal 35,7% al 47,8% negli ultra80enni. La mortalità è del 20-30% a 30 giorni dall’evento e del 40-50% a distanza di un anno (7-Ornello R 2018; 8-Tiseo C 2017). Secondo dati altrettanto recenti il TIA ha un’incidenza pari a 35 casi per 100.000 abitanti per anno con il 10% circa di recidive a 5 anni (9-Degan D 2017). La progressiva riduzione dell’incidenza riportata dai recenti dati epidemiologici trova corrispondenza nei dati delle schede di dimissione ospedaliera (SDO), che dimostrano una progressiva riduzione del volume dei ricoveri per ictus ischemico (incluse le recidive) dal 2009 al 2017, da 98.555 a 88.533 (-10,2%) (10-AGENAS-PNE 2018).
In sintesi, l’ictus cerebrale è una patologia il cui peso nella popolazione generale si sta progressivamente modificando grazie all’identificazione puntuale e accurata dei fattori di rischio, modificabili e non, e delle terapie sempre più mirate ed efficaci sui diversi target. A tutto ciò contribuisce anche la diffusione del trattamento dell’ictus ischemico acuto, sia con trombolisi endovenosa sia con approccio endovascolare nei casi di acclarata occlusione di un grosso vaso arterioso intracranico. L’ictus cerebrale è raro in gravidanza (34 casi per 100.000 parti) (11-James AH 2005), mentre per quanto riguarda l’età evolutiva, il Registro Italiano Trombosi Infantili (R.I.T.I.) dal 2007 al 2012 ha registrato 79 casi (49 maschi e 30 femmine) di ictus cerebrale ischemico in bambini di età media di 4,5 anni, e 91 casi (65 maschi e 26 femmine) di trombosi dei seni venosi cerebrali in bambini con un’età media pari a 7,1 anni (12-Suppiej A 2015). I dati sono stati raccolti grazie a un team interdisciplinare attivato con l’obiettivo di permettere una migliore comprensione dei meccanismi e dei fattori di rischio per gli eventi da tromboembolia in età neonatale e pediatrica. La trombosi venosa cerebrale rappresenta lo 0,5-1% di tutti gli eventi vascolari cerebrali con un’incidenza annuale di 3-4 casi per milione/anno negli adulti e di 7 casi per milione nei neonati. Negli ultimi anni è aumentata l’incidenza nei giovani, probabilmente anche in rapporto al miglioramento delle tecniche diagnostiche.

 

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