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Meningite, è allarme. L’esperto fa chiarezza

Meningite, è allarme. L’esperto fa chiarezza

La meningite torna a far paura. L’ultimo caso riguarda il marito della donna deceduta 10 giorni fa e ad oggi non è in pericolo di vita. Nell’ultimo mese, però, sono stati diversi i casi nella zona tra Bergamo e Brescia. Sull’argomento è intervenuto Roberto Cauda, Direttore UOC Malattie Infettive Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS e Professore Ordinario di Malattie Infettive Università Cattolica Campus di Roma. Lo specialista ha spiegato che non ci sono i presupposti scientifici per parlare di epidemia, ma ha anche sottolineato l’importanza del vaccino. Dalle pagine del portale del Policlinico ha chiarito cosa sia esattamente la meningite, come si previene e quali sono i sintomi a cui fare attenzione. 

La meningite

Nasce da un’infiammazione delle membrane che avvolgono il cervello e il midollo spinale (le meningi). Si tratta di una malattia infettiva che nella maggior parte dei casi è di origine virale o batterica, esistono poi delle forme causate da funghi con una diffusione però molto limitata.  Le forme virali sono le più frequenti ed anche le più benigne per le quali peraltro non esiste, salvo che per l’herpesvirus, una specifica terapia. Quando si parla di meningite, soprattutto sui media, si fa quasi sempre riferimento alle meningiti di tipo batterico, che si dividono principalmente in: meningite meningococcica, una forma particolarmente grave che può assumere carattere di meningite fulminante, meningite pneumococcica e meningite da Haemophilus influenzae; esistono poi forme di meningite tubercolare più rare.  Tutte le tipologie, essendo infezioni che colpiscono il sistema nervoso centrale, sono gravi e in alcuni casi possono complicarsi con un’encefalite, dando luogo a una forma mista che può avere una grave evoluzione: la meningoencefalite. In questi giorni si parla molto di meningite meningococcica poiché nel giro di un mese sono stati isolati 5 episodi in un’area piuttosto ristretta, nella zona tra Bergamo e Brescia. Non si tratta di un’epidemia ma di un numero di casi che costituisce un focolaio, cosa tipica nella forma meningococcica che rispetto alla forma pneumococcica si tramette per via aerea. In Italia i ceppi più diffusi sono il B e il C. Nel 2015, in Toscana, si sono verificati diversi episodi dovuti al ceppo C, lo stesso sierogruppo isolato oggi nel Bergamasco.

Sintomi e fasce più a rischio

Le persone più colpite sono soprattutto i bambini sotto i 5 anni e altre fasce di età che variano a seconda del germe. Infatti le forme da meningococco interessano, oltre ai bambini piccoli, anche gli adolescenti e i giovani adulti, mentre le meningiti da pneumococco colpiscono soprattutto i bambini e gli ultra 60enni. I sintomi della meningite virale o batterica sono molto simili: esordio improvviso, febbre molto elevata, forte mal di testa, fotofobia, rigidità nucale, compromissione cognitiva e stato confusionale. Nelle forme virali, che sono le più benigne, questi sintomi hanno una caratteristica di minore gravità rispetto alle forme batteriche. La forma meningococcica rispetto alle altre ha un’evoluzione rapidissima in termini di ore e per tale ragione si chiama anche ‘meningite fulminante’.

Contagio e incubazione

Nelle forme virali il contagio avviene per via aerea e attraverso un contatto stretto e prolungato, a distanza di meno di un metro. La meningite pneumococcica non è invece una malattia di tipo contagioso perché in genere lo pneumococco parte da sinusiti, otiti, o altre infezioni delle prime vie aeree. Il periodo di incubazione oscilla da un minimo di tre giorni ad un massimo di dieci ma generalmente è di 5/6 giorni. La malattia è contagiosa soltanto durante la fase acuta e nei giorni immediatamente precedenti all’esordio.

Diffusione in Italia

Il nostro Paese ha una bassa incidenza di meningite, e della malattia meningococcica in particolare, rispetto agli altri Paesi d’Europa. Ogni anno vengono segnalati tra gli 800 e i 1000 episodi di meningite globale, di cui circa 200 di meningite meningococcica. Il numero di casi registrati è abbastanza stabile e secondo lo specialista non ci sono assolutamente i presupposti scientifici per parlare di “epidemia”.

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