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Poliposi nasale, tra sintomi e rimedi

Poliposi nasale, Gaetano Paludetti

Difficoltà a respirare col naso, secrezioni mucose, perdita dell’olfatto e cefalee frequenti, sono questi i sintomi più comuni della poliposi nasale. Una malattia infiammatoria che, secondo le ultime stime del Censis, colpisce circa 100 mila persone in Italia e che nel 20-30% dei casi si manifesta in forme gravi. «Una patologia che può far precipitare la qualità di vita, per la quale però oggi ci sono nuove armi terapeutiche», spiega il direttore del Dipartimento Testa – Collo della Fondazione Policlinico Gemelli (Università Cattolica del Sacro Cuore) Professor Gaetano Paludetti.

CAMPANELLI D’ALLARME

Volendo provare a fare un identikit di questa malattia, si può dire che è caratterizzata dalla progressiva tumefazione della mucosa che riveste le fosse nasali. «Proprio da questa cascata infiammatoria – dice lo specialista – possono formarsi i polipi, che hanno una consistenza gelatinosa è che finiscono per ostruire le fosse nasali». Il Professor Paludetti, che è anche l’attuale presidente della Società Italiana di Otorinolaringoiatria, spiega che nella maggior parte dei pazienti la poliposi nasosinusale si associa a infiammazione cronica di “tipo II”. I meccanismi infiammatori alla base della malattia possono interessare non solo il naso, i seni paranasali, ma più in generale, l’intero apparato respiratorio. Non è un caso, ad esempio, che spesso si ha una concomitanza di poliposi nasosinusale e asma bronchiale.  I campanelli d’allarme, come detto, sono molti. «Un’ostruzione nasale bilaterale, un’anosmia (perdita dell’olfatto) e spesso anche una disgeusia (perdita del gusto) – avverte il Professor Paludetti – devono spingerci ad approfondire. Si possono avere anche cefalee, riferite come senso di pesantezza frontale di medio lieve entità, e frequenti riacutizzazioni del processo infiammatorio dovute a concomitanti sovrainfezioni o alla disventilazione meccanica dei seni paranasali. Com’è facile capire, tutto questo può portare ad un declino importante della qualità di vita, ecco perché ai pazienti viene somministrato un questionario, lo SNOT-22, che aiuta i medici a classificare con un dato oggettivo una sofferenza soggettiva. 

LA DIAGNOSI

L’eziologia della malattia è tutt’oggi ancora oggetto di studio, per molti anni si è pensato ad un ruolo predominante da parte di agenti inalati quali gli allergeni specifici, tuttavia oggi sappiamo che l’80% circa dei pazienti con poliposi naso sinusale risulta negativo ai test allergologici, perché in realtà in questi pazienti sono presenti meccanismi di disfunzione della barriera epiteliale mucosa che ci protegge dagli agenti esterni. Per arrivare ad una diagnosi il primo step è la visita dall’otorino. «È lui che deve visitare il paziente con una valutazione endoscopica che consenta di esplorare la fossa nasale. Arrivati ad una diagnosi, si dovrebbe procedere con una Tac per valutare l’estensione della poliposi. Determinante inoltre è la tipizzazione del paziente dal punto di vista immuno-allergologico e mediante citologia nasale, perché i polipi nasali possono essere associati a meccanismi infiammatori diversi: nelle nostre aree geografiche i polipi più comunemente si associano a infiammazione eosinofila e meno frequentemente a infiammazione puramente neutrofila; in alcuni casi infine i polipi si possono associare a meccanismi infiammatori di tipo misto. 

LE TERAPIE

Per affrontare la poliposi nasale ci sono le terapie standard, a base di cortisonici topici e sistemici, e c’è la chirurgia. Spesso è necessario intervenire in entrambi i modi, ma la vera novità riguarda i casi gravi, per i quali esistono oggi farmaci innovativi. Il Professor Paludetti spiega che «i nuovi farmaci bloccano il processo infiammatorio, neutralizzando i mediatori dell’infiammazione che si chiamano “interleuchine”. In questo modo si può ridurre o addirittura far sparire la cascata infiammatoria che porta alla formazione di polipi». Questi farmaci, già molto efficaci nel trattamento di alcune forme di asma, stanno cambiando la storia clinica della patologia. «L’obiettivo – conclude il Professor Paludetti – è definire quali sono i migliori candidati per le terapie innovative e comprendere se queste sono più efficaci dopo la chirurgia». La certezza è che per migliaia di pazienti una migliore qualità di vita non è più solo una speranza.

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