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Oltre il Covid, trapianto salvavita al Cardarelli

Equipe medica a lavoro per un trapianto di fegato
Trapianto di fegato
Il direttore generale Giuseppe Longo: «Lo sforzo per il virus è massimo, ma non abbiamo mai frenato sulle altre emergenze».

Appena 24 ore per salvare la vita ad un giovane uomo in attesa di trapianto al fegato, un intervento che in tempo di pandemia il paziente credeva impossibile. È accaduto al Cardarelli di Napoli, che nonostante l’onda d’urto della pandemia ha tenuto ben salda tutta l’attività di emergenza urgenza. «Nella notte tra lunedì e martedì – spiega Giovanni Vennarecci, direttore del Reparto Chirurgia Epatobiliare e Trapianto di Fegato – abbiamo avuto la disponibilità di un fegato dal Ruggi d’Aragona. Ovviamente non abbiamo perso tempo, di lì a poco avremmo potuto valorizzare quella donazione restituendo ben più di una speranza al nostro paziente». A muoversi dal Cardarelli è un team composto da due chirurghi e un infermiere, un viaggio di andata e ritorno completato in poche ore per accelerare i tempi d’intervento, avvenuto poi alle 4.00 del mattino. Per salvare la vita di Antonio (nome di fantasia) al tavolo operatorio si sono alternati 5 chirurghi, 3 anestesisti, 5 infermieri e un Epatologo. Quattordici donne e uomini del Cardarelli (tra medici e infermieri) che hanno letteralmente restituito alla vita il 45enne.
«Viviamo un momento molto complicato – ammette il direttore del Dipartimento Trapianti e dell’Unità Operativa Complessa Terapia Intensiva Fegato (UTIF) Ciro Esposito -, ma è anche giusto che i pazienti sappiano che il Cardarelli non ha smesso di portare avanti la proprio mission. Grazie ai protocolli messi a punto dalla direzione strategica riusciamo a garantire percorsi sicuri e quindi degenze sicure».

I CONTROLLI

Per quel che riguarda i trapianti, i primi controlli sono quelli che vengono fatti sui donatori. L’organo, come previsto dalle linee guida, viene prelevato da un donatore solo se negativo al Covid-19. «Siamo ovviamente attenti – dice il direttore sanitario Giuseppe Russo – al monitoraggio del ricevente, che viene sottoposto a più livelli di verifica attraverso test rapidi, tamponi e persino tac al torace. Non possiamo permettere che il paziente venga in contatto con il Covid, altrimenti la sua stessa vita sarebbe a rischio». Accertare che donatore e ricevente siano negativi al contagio non basta, per questo la direzione strategica ha misure di controllo di tutto l’ambiente circostante, a partire dalle equipe di medici. Questo ha significato creare una bolla attorno all’intero Dipartimento Trapianti del Cardarelli. Tutti gli operatori sanitari sono sottoposti con regolarità a test rapidi e, se necessario, a tamponi molecolari. Un cordone di sicurezza esteso persino alle donne e agli uomini delle pulizie, per evitare che un dipendente asintomatico possa inconsapevolmente introdurre il virus.

LA BOLLA

È grazie a questi protocolli che l’attività di trapianto del Cardarelli prosegue nonostante l’attuale escalation dei contagi.
«Com’è giusto, il Cardarelli si è allineato alle direttive regionali per il contenimento del virus», spiega il direttore generale Giuseppe Longo. «Stiamo facendo uno sforzo enorme, ma questo non significa che arretriamo sull’attività di emergenza urgenza. Il Cardarelli riveste un ruolo centrale in ambito regionale anche per le reti tempo dipendenti e non abbiamo nessuna intenzione di ridurre o compromettere quest’attività. Sarà determinante riuscire a ridurre la circolazione del virus, ma il messaggio che deve passare è anche di fiducia nei confronti di un’azienda ospedaliera che ha adottato tutte le precauzioni possibili e che non ha intenzione di tagliare servizi essenziali».

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