Si stima siano nati 1.500 bambini in meno nei primi 4 mesi dell’anno rispetto al 2019 a causa della ridotta attività dei centri di procreazione assistita. Con una riduzione globale dell’attività dei Centri del 34,1%, sono stati 9289 i cicli in meno. La riduzione ha raggiunto circa il 40% dell’attività nelle regioni del Nord Ovest, colpite maggiormente dal virus SARS-COV-2.
Procreazione assistita: attività ridotte durante il lockdown
Il 60% dei Centri ha sospeso la propria attività entro il 17 marzo 2020 a seguito delle disposizioni per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus SARS-CoV-2 che hanno sospeso tutte le attività sanitarie ambulatoriali ritenute non urgenti e tra queste anche l’attività dei centri di PMA.
I dati sono stati raccolti dalla survey online elaborata dal Registro Nazionale della Procreazione Medicalmente Assistita dell’ISS. L’indagine valuta l’impatto della pandemia da COVID-19 sull’attività di PMA e in particolare come i centri PMA italiani hanno cambiato la loro attività a livello organizzativo a seguito dell’emergenza.
A maggio 2020 ai 201 centri di PMA di II e III livello iscritti al Registro è stato inviato il questionario. Di questi 191 erano attivi e 176 hanno risposto con un tasso di risposta del 92,1%, straordinariamente elevato per una survey di natura volontaria. Percentuale ancora più elevata nei centri pubblici (94,3%).
Dei 176 centri che hanno risposto alla survey solo 3 (1,7%) hanno dichiarato di non aver sospeso completamente l’attività durante il lockdown, ma di averla ridotta, e di aver comunque continuato ad iniziare nuovi trattamenti di PMA. La quasi totalità dei centri (77,8%) ha invece sospeso ogni tipo di attività, non iniziando nuovi cicli e portando a termine, in alcuni casi, i trattamenti in corso o con il congelamento di ovociti e/o embrioni ed in altri con il trasferimento embrionario. Altri 36 centri hanno sospeso ogni attività proseguendo soltanto con visite e prescrizione di esami
Il 21,0% di centri ha avuto il proprio edificio coinvolto (interamente o solo in parte) nella creazione di un reparto dedicato al COVID-19. Le strutture maggiormente coinvolte sono state quelle dei centri pubblici (43,9%), con un’attività media (28,7%) e grande (25,0%) e quelle situate nelle zone più colpite dalla diffusione del virus, e cioè nelle regioni del Nord Ovest (40,5%).
Circa il 40% dei centri ha sospeso l’attività negli 8 giorni compresi tra il 9 marzo ed il 17 marzo, giorno in cui è stata emanata una Nota Tecnica da parte del Registro Nazionale PMA ed il CNT, sulle “misure di prevenzione della trasmissione dell’infezione da nuovo Coronavirus (SARS-CoV-2) in Italia per le cellule riproduttive e i trattamenti di PMA.
Procreazione assistita, protetti pazienti oncologici
La preservazione della fertilità nei pazienti oncologici è stata la sola attività il cui proseguimento è stato consigliato da tutte le società scientifiche della medicina della riproduzione nazionali ed internazionali e dalla Nota tecnica del Registro Nazionale PMA (17 marzo 2020).
Dei 111 centri (64,2%) che offrono questo servizio, solo 51 (45,9%) hanno dichiarato di aver avuto in trattamento dei pazienti nel periodo oggetto della survey. In particolare, i centri maggiormente attivi sono stati i centri pubblici (80%) e quelli nelle regioni del Nord Ovest (65,2%).
Dei centri rispondenti solo il 51,4% hanno dichiarato di eseguire trattamenti di PMA con donazione di gameti.La maggioranza (56,2%) di questi 89 centri ha deciso di rinviare il trattamento, il 22,5% non ha avuto alcun un ciclo di PMA con donazione di gameti, il 15,7% invece ha deciso di proseguire i trattamenti in corso fino al trasferimento in utero dell’embrione.
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