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Tumore della vescica, speranze per una chemio più efficace

infezione cellule Covid: Una ricercatrice a lavoro

Un’importante scoperta promette di migliorare le cure per quanti si ammalano di tumore alla vescica. In modo particolare è sull’efficacia di un farmaco chemioterapico che si sono concentrati gli sforzi dei ricercatori dell’ospedale e università Humanitas di Rozzano, con uno studio che è poi stato pubblicato sulla rivista Science Translational Medicine. Gli studiosi hanno scoperto la ragione dell’efficacia altalenante di un farmaco adoperato per la chemioterapia nel tumore alla vescica, un farmaco che ha dimostrato di funzionare molto bene, ma solo nel 40% circa di pazienti, mentre l’altro 60% ha una recidiva.

MARCOTRE MOLECOLARE

La chiave sta in una proteina del tumore che può essere usata come biomarcatore. «Abbiamo voluto capire perché la mitomicina funziona in circa il 40% dei pazienti mentre negli altri si ha una recidiva», chiarisce Maria Rescigno, docente di Patologia Generale di Humanitas University. Si è così visto che in alcuni pazienti questo farmaco funziona anche da attivatore del sistema immunitario, risvegliando la risposta contro il tumore. La mitomicina attiva cioè un segnale che spinge le cellule del sistema immunitario a ‘mangiare’ la cellula «È un meccanismo di azione della mitomicina mai descritto prima – prosegue Rescigno -. In altre parole, se la cellula tumorale esprime una determinata proteina, che funziona da marcatore, questa andrà incontro alla morte. I pazienti che rispondono meglio alla terapia sono quelli con questo marcatore».

GLI STUDI

I ricercatori hanno proceduto verificando la presenza del marcatore in 52 pazienti, scoprendo che quelli che ne erano privi non rispondevano alla mitomicina. In questo modo, secondo gli studiosi, si potrà prevedere la risposta alla cura e scegliere la terapie più adatta. Ora l’obiettivo è andare avanti, studiando se sia vantaggioso somministrare il farmaco già prima di asportare il tumore per scatenare in anticipo la risposta immunitaria. Nei prossimi studi si cercherà di capire se questo stesso procedimento può essere usato anche sulle forme più aggressive del cancro alla vescica. 

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