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Bimba morta per una sfida social: “mezzo più efficace è l’accompagnamento”

social e minori

L’ultimo episodio arriva dal Pakistan, dove un 17enne è morto investito da un treno, mentre camminava sui binari per fare video su TikTok. Solo qualche giorno fa, il nostro Paese è stato sconvolto dalla notizia della drammatica morte a Palermo di una bimba di 10 anni, per un arresto cardiocircolatorio dopo aver partecipato a una “sfida” su un social network. Gli episodi di cronaca che arrivano da tutto il mondo aumentato la preoccupazione per i rischi di un uso sbagliato dei social network da parte dei minori. Anna Vaccarelli, primo tecnologo dello Istituto di informatica e telematica (Cnr-Iit) e responsabile della Ludoteca del Registro.it, che ha tra le principali mission quella dell’uso consapevole della Rete da parte dei minori ha analizzato il fenomeno.

“Le regole di accesso dei minori sui social sono chiare: non si può accedere se si hanno meno di 13 in alcuni casi, e 14 in altri” spiega Anna Vaccarelli, primo tecnologo dello Istituto di Informatica e Telematica del Cnr e responsabile delle Ludoteca del Registro it che ha tra le principali mission quella dell’uso consapevole della Rete da parte dei minori. “È bene tenere presente che chiunque crea un profilo su un social accetta le condizioni “contrattuali” imposte dal social, che è sempre gestito da un privato. Nel momento in cui un bambino accede impropriamente a un social, perché non ha ancora l’età, comunque a un certo punto, sia pure senza consapevolezza (e spesso anche gli adulti non ne hanno), clicca su “accetto”, accetta un contratto e le regole da esso imposte, tra cui, generalmente, quelle di evitare alcuni comportamenti, per esempio incitamento all’odio razziale, incitamento alla violenza sessuale ed altro ancora. In genere comportamenti che si configurano come un reato o che ci vanno vicini. In questi casi il social può bloccare l’utente e i contenuti che pubblica. Ma ci sono comportamenti, che, pur non essendo un reato definito chiaramente, costituiscono un pericolo per sé o per gli altri. Le “challenge” in sé non sono un reato, possono essere anche divertenti, delle sfide “sane”. Purtroppo alcune possono diventare pericolose, ma, anche volendo, non sarebbe facile per i social codificarle precisamente per evitare che vengano pubblicate. Non possiamo basarci solo su una azione di controllo dei social, a volte oggettivamente difficile a volte colpevolmente superficiale. Lo strumento più efficace che abbiamo a disposizione è “l’accompagnamento” dei bambini nella loro esperienza in rete, sia per aiutarli a evitare i rischi sia a evitare di crearli. Facciamo un esempio banale: attraversare la strada. Ai nostri bambini insegniamo a evitare i rischi, attraversando sulle strisce e guardando bene a destra e a sinistra e, a chi guida, insegniamo a rallentare in prossimità delle strisce pedonali e a osservare bene, per evitare di creare un rischio a un pedone ignaro. Se usciamo dalla metafora e torniamo a Internet, uno dei problemi è che spesso i genitori non hanno gli strumenti per fare né l’una né l’altra cosa, perché essi stessi conoscono poco la rete. Ma sono altrettanto convinta che se riusciamo a inculcare nei nostri ragazzi alcune regole fondamentali di comportamento queste varranno sempre, nella vita reale come quando viaggiano in rete e staranno attenti a evitare comportamenti che mettono a rischio sé o gli altri. Spiegare come usare la Rete con consapevolezza ed insegnare a navigare in sicurezza, è quanto fa una pletora di enti, istituzione, associazioni, tra cui il Registro.it, con la sua Ludoteca ed il Cnr, cercando di intervenire sui bambini e, quando è possibile, anche con i genitori. È certamente difficile per un genitore controllare la vita online del proprio figlio e per questo bisogna metterli in grado prima possibile di adottare autonomamente comportamenti corretti, nella vita reale come in rete”.

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