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Alcol: abuso in pandemia. Aumento tra giovanissimi, donne e anziani

prevenzione abuso di alcol

Sono 8,2 milioni i consumatori di alcol a rischio nel 2019 ma riaumentati nel 2020. Criticità al femminile registrate nel lockdown con incremento dei consumi a rischio in particolare tra le fasce più vulnerabili, le minorenni, le adolescenti e le giovani donne. L’OMS e l’ISS avevano promosso il messaggio “Bere meno o nulla è la scelta migliore”, tuttavia fake news e disinformazione hanno prevalso.

La pandemia ha cambiato molte abitudini, tra le altre anche gli acquisti su canali alternativi quali quelli di consegna a domicilio o di vendita online. Acquisti che, almeno per il settore delle bevande alcoliche, si stima abbiano conosciuto un’impennata nel 2020 tra il 181 e il 250% nell’home delivery. Un aumento dei consumi domestici, di cui non si conosce il reale impatto diretto sul consumatore e, indiretti, sui conviventi ma di cui i servizi di alcologia e i dipartimenti per le dipendenze e di salute mentale hanno registrato e registrano una crescita difficile da gestire. In occasione dell’Alcohol Prevention Day 2021 (APD) è stato presentato l’ultimo rapporto sui dati disponibili all’anno precedente la pandemia, il 2019, ma entro pochi mesi si potranno elaborare anche i dati 2020, in parte già anticipati.

Intossicazione o violenza domestica, perdita di controllo personale o maltrattamento al coniuge o ai minori sono solo alcuni dei fenomeni sociali in Italia, in Europa e nel mondo, riconducibili all’alcol: una sostanza psicoattiva di facile e legale disponibilità rispetto all’esigenza di allentare tensioni da ansia, insonnia, noia, repressione. Secondo gli esperti “è plausibile, e spesso confermato dai fatti, che il periodo di crisi da disoccupazione forzata per milioni di persone (tra le quali molti giovani, mortificati nelle prospettive, vessati da datori di lavoro che, pur avendo richiesto e ottenuto la cassa integrazione per i propri dipendenti li ha richiamati al lavoro obbligandoli a lavorare) e altre situazioni dettate da dinamiche lavorative e affettive, legate alla separazione tra persone bloccate in regioni differenti, oltre a ulteriori situazioni percepite come ingiustizie o comunque anelanti il sollievo da una sofferenza, possano aver trovato canalizzazione nell’uso dapprima euforizzante e poi anti depressivo ed estraniante della droga più diffusa ed usata al mondo: l’alcol”.

Nel 2020 le percentuali di consumatori di alcol a rischio hanno subito visibili incrementi nella popolazione di età superiore a 14 anni confermando una maggiore frequenza nelle regioni del Nord rispetto al Centro e al Mezzogiorno, con le quote più elevate registrate tra i minori (29,4%), seguiti dai giovani di 18-24 anni (20%) e dalle persone di 65 anni e più (18,8%). Complessivamente nel Paese in lockdown come in quello delle riaperture si è registrato a livello nazionale l’aumento dei consumatori a rischio dal 22.1% del 2019 al 23.6% del 2020. A livello territoriale i maggiori incrementi si sono registrati in Molise (+26,0%), Friuli Venezia Giulia (+17.9%), Calabria (+17.3%), Veneto (+15%), oltre che in Emilia Romagna, Puglia, Lombardia e PA di Trento; viceversa rispetto al 2019 si è osservata una diminuzione della percentuale dei consumatori a rischio in Sicilia, Valle d’Aosta, Liguria e Abruzzo.

L’ultimo rapporto IRTISAN

Nel corso del 2019 il 66,8% degli italiani sopra gli 11 anni ha consumato bevande alcoliche. Si tratta di 36 milioni di persone e di questi, più di 11 milioni hanno bevuto alcolici ogni giorno (e più di 8 milioni con modalità definite a rischio). Sono 3,8 milioni i binge-drinkers che hanno consumato più di 6 bicchieri di bevanda alcolica in un’unica occasione con 43.148 accessi ai Pronto Soccorso per disintossicarsi. Oltre 670 mila persone consumano in maniera dannosa, una modalità che richiederebbe un intervento per la gestione dei Disturbi da uso da Alcol (DUA) che è stato però assicurato solo a 65.387 alcoldipendenti presi in carico dai servizi. Sono i dati più importanti che emergono dall’elaborazione fatta dall’Osservatorio nazionale alcol (ONA) dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) sulla base delle informazioni trasmesse dai Servizi di alcologia al ministero della Salute (dati 2019).

Analisi del consumo di alcol in Italia

Il consumo di alcol in Italia conferma la tendenza osservata negli ultimi anni d’incremento – pur non stasticamente significativo – del consumo pro-capite passato dai 7,5 lt alcol puro del 2016 ai circa 8 litri del 2018 (stima OMS) con una media triennale di 7,84 litri pro-capite. Sono più di 36 milioni i consumatori di alcolici nel 2019 (M=20 milioni; F=16 milioni),  il 77,8% degli italiani di 11 anni e più e il 56,5%, delle italiane per le quali  si conferma il trend in crescita dal 2014. La prevalenza degli astemi nel 2019 è stata del 18,3% tra gli uomini e del 38,1% tra le donne, e per queste il trend continua a diminuire, facendo registrare un ulteriore decremento del 3,4% rispetto all’anno precedente.

Nel 2019, sono circa 8,2 milioni d’italiani (5,7 milioni, 21,5 %) e d’italiane (2,5 milioni, 8,9 %) di età superiore agli 11 anni le persone che hanno adottato su base regolare, quotidiana, modalità di consumo a rischio di bevande alcoliche con evidente e sostanziale invarianza da oltre 8 anni, fatta eccezione per una riduzione tra i consumatori a rischio di sesso maschile dal 23,4 % del 2018 al 21,5 % del 2019.

I dati pre-Covid del 2019, presentati nel corso dell’APD e cui si riferisce il Rapporto ISTISAN 2021/7 e la Relazione annuale del Ministro della Salute, trasmessa a maggio 2021 al Parlamento, evidenziano nell’analisi per classi di età che le fasce di popolazione con consumatori più a rischio è, per entrambi i generi, quella dei circa 750.000 minorenni, prevalentemente 16-17enni (M=42,2%; F=39,2%), seguita da oltre 2,7 milioni di anziani ultra-65enni ( M=34,0% ; F= 8,6 %), fascia in cui un maschio su tre e una donna su dieci consuma secondo modalità a rischio. La prevalenza di consumatori a rischio di sesso maschile è superiore a quelle delle donne per tutte le classi di età a eccezione dei minorenni. La persistenza di uno zoccolo duro rappresentato da un numero così elevato di consumatori e consumatrici a rischio appare peraltro ulteriormente aggravato dal riscontro recentissimo, non ricompreso nei report ed elaborato come appendice statistica in un factsheet per l’APD, di un incremento al 23,6 % per i maschi e al 9,7 % per le femmine nel corso del 2020 che consumano a rischio.  A preoccupare in particolar modo è l’aumento registrato nel 2020 delle giovani consumatrici a rischio, le 14-17enni, che superano per numerosità, per la prima volta, i loro coetanei consumatori a rischio (F=30,5%; M=28,4%) in un quadro complessivo d’incremento del rischio al femminile diffuso a tutte le classi di età sino ai 60 anni e di incrementi registrati tra i maschi, più evidenti tra i 35-e i 60 anni.

Altra variabile collegata al rischio è il bere per ubriacarsi, il binge drinking, l’abbuffata alcolica di 6 o più bicchieri di bevande alcoliche in un’unica occasione, modalità a rischio seguita da oltre 3,8 milioni di consumatori (2,8 milioni maschi; 1 milione femmine) di cui 830.000 11-25enni (21,8 % del totale dei binge drinkers in Italia) che giungono all’intossicazione, rappresentando un grave problema sia di salute che di enorme pressione sul sistema di pronto intervento per le procedure di disintossicazione e di ricovero. Nel 2019 i binge drinkers rappresentano il 10,8% tra gli uomini e il 3,5% delle donne di sopra gli 11 anni; lo studio dei modelli di consumo tra i giovani ha mostrato che nel 2019 i livelli più elevati in assoluto nella popolazione hanno riguardato in particolare il 16% dei giovani tra i 18 ed i 24 anni di età, di questi il 20,6% maschi e l’11% femmine,

L’approvvigionamento delle bevande alcoliche non ha conosciuto pause nel periodo del lockdown e il mercato ha rafforzato nuovi canali alternativi e anche meno controllati relativamente l controllo del divieto di vendita a minori , cambiando molte abitudini, tra le altre anche gli acquisti su canali online di e-commerce,  che, per il settore delle bevande alcoliche, si stima abbiano conosciuto un’impennata nel 2020 tra il 181 e il 250% nell’home delivery, con un aumento dei consumi domestici registrati da più settori.

L’isolamento ha favorito un incremento di consumo incontrollato anche favorito da aperitivi digitali sulle chat e sui social network, spesso in compensazione della tensione conseguente all’isolamento, alle problematiche economiche, lavorative, relazionali e dei timori diffusi nella popolazione resa sicuramente più fragile dalla pandemia.

I servizi di alcologia e i dipartimenti per le dipendenze e di salute mentale, a causa delle chiusure obbligate dall’impossibilità di ricevere utenti in presenza, hanno registrato una crescita di difficile gestione prima, durante e dopo i lockdown per la scarsità delle risorse a disposizione, per la quantità di richieste e l’impreparazione sui soluzioni digitali solo tardivamente introdotte in maniera disomogenea sul territorio dimostrando i gap da colmare delle strutture del SSN.

Nel corso del 2019 si sono verificati complessivamente 43.148 accessi in Pronto Soccorso (M=29.860; F= 13.288) caratterizzati da una diagnosi principale o secondaria attribuibile all’alcol, il 69% erano maschi e il 31% femmine. La maggior parte degli accessi al PS si riferisce alle persone tra i 18 e i 44 anni ma colpisce che ancora il 10 % circa degli interventi sia richiesto per i giovani sotto i 18 anni (2573 accessi per i maschi e 2150 per le femmine), dato molto preoccupante alla luce dell’incremento del 18% registrato per i maschi e del 25% per le femmine. Anche qui è da sottolineare come la differenza fra i generi – marcata nelle altre fasce d’età in cui gli accessi per i maschi sono molto superiori a quelli delle femmine – sia molto meno ampia nei minorenni. Nel 2019 sono state registrate complessivamente 54.001 dimissioni ospedaliere per problemi causati totalmente dall’alcol con una prevalenza per malattie epatiche croniche o cirrosi, disturbi mentali, dipendenza o abuso di alcol anche causa d’incidentalità stradale evitabile.

Alla mortalità è da aggiungere quella parzialmente attribuibile all’uso di alcol già stimata dall’OMS e dal WHO Collaborating Center in ISS: 17.000 decessi evitabili (M=11.670; F=5.159) per cancro, cirrosi epatica, malattie cardiovascolari e incidentalità stradale che sommano oltre l’87 %  della mortalità evitabile parzialmente attribuibile all’alcol.

“Alla luce dei dati riportati” conclude Emanuele Scafato, direttore del Centro OMS per la ricerca sull’alcol e dell’Osservatorio Nazionale Alcol in ISS e responsabile ai sensi del della sorveglianza SISMA (DPCM 3/3/2017) per il monitoraggio alcolcorrelato “è evidente che le azioni da intraprendere non sono di esclusiva natura e competenza sanitaria. Il day after della pandemia deve potersi connotare per attivazione di risorse e strategie, già richiamate dall’OMS e dalla Commissione Europea ad esempio attraverso l’ EU beating cancer plan, che mirino all’era post-COVID-19 con nuovi modelli d’intercettazione dei rischi da alcol, favorendo la formazione del personale sanitario, come l’ISS già fa da oltre un decenni, e attivando nuove strategie di prevenzione che attraverso un rinnovato Piano Nazionale Alcol e Salute garantiscano adeguatezza agli interventi”.

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