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Affrontare la poliposi nasale, oggi si può

Poliposi nasale

La poliposi nasale determina spesso una “caduta” della qualità di vita dei pazienti, una condizione che peggiora progressivamente sino a rendere la vita un vero inferno. «Questi pazienti lamentano in molti casi la perdita dell’olfatto, l’impossibilità di riposare, frequenti cefalee e molti altri sintomi che hanno poi ricadute importanti», ha spiegato Giancarlo Ottaviano (professore associato di Otorinolaringoiatria all’Azienda Università di Padova) ai microfoni di Radio Kiss Kiss. Ma certamente, prima di scendere in profondità e chiarire quali sono le particolarità di questa patologia è bene spiegare come nasce. Il modo migliore per farlo è quello di usare le parole del professor Ottaviano. «Per spiegare cos’è la poliposi nasale dovremmo prima parlare di rinosinusite – dice -. Si tratta di un’infiammazione della mucosa del naso e dei seni paranasali, i cui sintomi sono principalmente il naso chiuso e il muco, a volte anche cefalea e perdita dell’olfatto. Quando la rinosinusite diventa cronica può presentarsi (succede nel 30% dei casi) con delle escrescente all’interno del naso che vengono chiamate “polipi”. Sono delle piccole masse traslucide, che quando crescono molto producono proprio un’ostruzione nasale». Quello della poliposi nasale è un problema abbastanza diffuso, il 4% circa della popolazione ne soffre e questo porta a costi sociali importanti. Non di rado la poliposi nasale si associa all’asma severo, basti pensare che circa il 50% dei pazienti con asma severo soffre anche di poliposi nasale. 

INQUADRARE IL PROBLEMA

Il professor Ottaviano chiarisce che il modo giusto di affrontare il problema è, prima di tutto, fare una buona consulenza per cercare di arrivare presto ad una diagnosi. «E’ fondamentale – dice – arrivare ad un corretto inquadramento del paziente. Non tutti i pazienti, infatti, vengono trattati alla stessa maniera, perché non tutte le poliposi nasali sono severe e recidivanti». Parlando di terapia, va detto che negli anni le cose sono cambiate molto. «Negli Anni 80 si usava una chirurgia molto invasiva e ai pazienti venivano somministrati corticosteroidi per via invettiva. Oggi la chirurgia endoscopica ha cambiato molto lo scenario, ma nelle forme più severe (il 5%) questo non basta. Alcuni pazienti devono ricorrere al corticosterodie topico (spray nasale) e a cicli di corticosteroide sistemico. Per fortuna ci sono anche Centri che sono specializzati nel trattamento con farmaci biologici. Si tratta di anticorpi monoclonali che sono avanguardia del trattamento, ma non tutti i pazienti ne hanno bisogno». 

Clicca qui per ascoltare l’intervista

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