Ricerca innovazione

Gli effetti nefasti della sindrome dei turnisti

Sanità pubblica allo stremo, un medico ha un aria sconsolata

Lavorare in turni, con una rotazione antioraria, pomeriggio-mattino-notte ha un effetto deleterio sulle performance dei dipendenti. A dirlo è una ricerca che coinvolto 144 infermieri provenienti da 5 ospedali del Centro e Sud Italia, seguiti da luglio 2017 a febbraio 2020. In particolare i ricercatori hanno puntato a verificare se il personale infermieristico che lavora in turni con rotazione antioraria che, come detto, si svolge  pomeriggio-mattino-notte, subisca conseguenze peggiori rispetto a chi turni con un regime orario (mattino-pomeriggio-notte). Questo perché è già stato notato che nel primo caso ci sono delle ripercussioni negative, ma non ancora con una ricerca esaustiva. I parametri  presi in considerazione sono la sonnolenza e l’affaticamento percepito alla fine di un turno, misurando parallelamente la performance psicomotoria degli operatori sanitari. «Abbiamo ipotizzato – spiega Luigi De Gennaro del Dipartimento di Psicologia della Sapienza, coordinatore del lavoro – che la rotazione antioraria dei turni (BRS, backward-rotating shift) fosse associata a stanchezza e sonnolenza maggiori e, soprattutto, a ridotte misure comportamentali di attenzione costante».

SONNO E AFFATICAMENTO 

Lo studio ha dimostrato un cospicuo peggioramento in tutte le dimensioni misurate, nel personale infermieristico che lavora in regime di turno antiorario. In conclusione, tutti i turnisti hanno un peggioramento di sonnolenza, fatica percepita e vigilanza psicomotoria associata al turno notturno, ma quelli inquadrati in un regime antiorario vanno incontro a un’amplificazione di queste conseguenze negative. Le implicazioni di tale studio possono aprire delle prospettive potenzialmente innovative per l’organizzazione lavorativa in ambito ospedaliero, nella direzione di spingere le aziende ospedaliere a riconvertire il regime di turnazione, quando antiorario. Non si tratta del primo lavoro di questo gruppo di ricerca che, sotto la guida di Luigi De Gennaro della Sapienza, da anni studia le conseguenze del lavoro a turni nel personale infermieristico italiano. In un primo studio era stato dimostrato che il turno notturno si associa sia all’aumento di sonnolenza e fatica, che a consistenti riduzioni della performance in compiti di vigilanza psicomotoria. In un successivo studio si dimostrava che negli infermieri una cattiva qualità del sonno, alla quale sono esposti tutti i lavoratori a turni, finisce per peggiorare ulteriormente le performance psicomotorie notturne.

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