Prevenzione

Omicron, quali sono i sintomi per i vaccinati e non

vaiolo dell'Alaska

La variante Omicron, comparsa in diversi Paesi il 26 novembre, avrebbe sintomi più lievi rispetto alla variante Delta: è quanto emerge dagli studi preliminari e dall’osservazione dei pazienti. Secondo gli epidemiologi potrebbe essere iniziata quella fase discendente che porterà a una convivenza meno rischiosa con Sars-CoV-2. Come ha confermato il direttore regionale dell’Oms Europa (Organizzazione mondiale della sanità), Hans Kluge,  l’89% dei soggetti avrebbe riportato sintomi comuni: tosse, mal di gola, febbre. I sintomi della forma lieve di Covid, soprattutto nei vaccinati possono essere facilmente confusi con l’influenza o un semplice raffreddore. Da qui l’importanza di fare il tampone per sciogliere ogni dubbio. Nei vaccinati con 2 o 3 dosi, i sintomi mostrano breve durata. Per quanto riguarda non vaccinati, nell’ultimo report dell’Istituto superiore di sanità si legge che il rischio di ricovero in terapia intensiva per i non vaccinati rispetto a chi ha ricevuto la terza dose è 85 volte maggiore per gli over 80, 12,8 volte maggiore per la fascia 60-79 anni, 6,1 volte maggiore per i 40-59enni.

Non ci sono ancora studi scientifici, ma negli Stati Uniti, i Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie (Cdc) indicano come sintomi attualmente più frequenti di Covid tosse, stanchezza e congestione o naso che cola. La perdita di gusto e olfatto resta meno diffusa rispetto alle varianti precedenti del coronavirus. L’epidemiologa Katherine Poehling, consulente dei Cdc, osserva però che i sintomi finora individuati si basano su alcuni casi positivi e non su studi scientifici. Tuttavia, ad oggi i casi di variante Omicron sono associati a un’ospedalizzazione molto inferiore, stimata in due terzi in meno, ma non è chiaro se sia dovuta alla copertura vaccinale o a una minore pericolosità della nuova variante.

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