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HPV: tutto sul virus che può portare al tumore al collo dell’utero

virus Hpv
Human papillomaviruses on colorful background, a virus which causes warts located mainly on hands and feet. Some strains infect genitals and can cause cervical cancer. 3D illustration

HPV sta per “Human Papilloma Virus”, un virus a trasmissione sessuale che comprende oltre 200 ceppi diversi, alcuni dei quali responsabili di forme tumorali. Si stima che 8 donne su 10 vengano contagiate nel corso della vita dal Papilloma Virus. Tuttavia l’80% delle infezioni si risolve spontaneamente entro due anni dal contagio, in alcuni casi, invece, può evolvere in un tumore. Per questo sono fondamentali gli screening di prevenzione e il vaccino. La diffusione dell’HPV è ampissima: dell’80% delle donne sessualmente attive che contrae l’infezione almeno una volta nella vita (con una prevalenza nelle giovani donne tra i 25 e i 35 anni), circa il 50% viene a contatto con un ceppo “ad alto rischio”. La trasmissione può avvenire anche attraverso contatti genitali senza penetrazione, ecco perchè l’uso del profilattico non protegge del tutto. I fattori di rischio più rilevanti sono la giovane età, il numero di partner sessuali e la frequenza dei rapporti. Fattori secondari legati soprattutto al tumore cervicale sono il fumo di sigaretta, l’uso prolungato di contraccettivi orali e l’abuso di droghe e alcol.

Che cos’è il Papilloma virus e quali sono i ceppi ad alto rischio

Si tratta di un’infezione molto diffusa, trasmessa prevalentemente per via sessuale. “Sebbene nella maggior parte dei casi sia transitoria e priva di sintomi evidenti, talvolta si manifesta attraverso lesioni benigne della cute e delle mucose – spiega la Fondazione Veronesi, da anni impegnata nella ricerca contro tutte le forme di tumore –. In casi più rari, in cui il sistema immunitario non riesce a debellare rapidamente il virus, l’Hpv può determinare l’insorgenza di forme tumorali quali il tumore della cervice uterina, oggi l’unica forma di neoplasia riconosciuta come totalmente riconducibile a un’infezione”. Il virus è anche coinvolto nella patogenesi di altri tumori in sede genitale (vulva, vagina, ano, pene) ed extragenitale (cavità orale, faringe, laringe). Quando l’infezione è cronica, la lesione tumorale si sviluppa in genere nell’arco di 7-15 anni dal contagio. È il tipo di ceppo virale a determinare le ripercussioni patologiche. Ad oggi sono più di 120 i tipi di Hpv identificati, classificati in base al rischio di trasformazione neoplastica. Dei 12 ceppi classificati ad alto rischio, due (HPV 16 e 18) si sono rivelati i principali responsabili dell’evoluzione tumorale dell’infezione, mentre tra i ceppi a basso rischio, che provocano tipicamente lesioni genitali a minor rischio di trasformazione maligna, i sierotipi 6 e 11 sono da soli responsabili di circa il 90% delle verruche genitali.

I sintomi dell’Hpv

Nei sierotipi a basso rischio, dopo le prime fasi, quasi sempre asintomatiche, l’infezione si manifesta con la comparsa di verruche in sede genitale su cervice uterina, vulva, vagina, perineo o ano, oppure extragenitale a livello di naso, bocca o laringe. Le lesioni possono essere anche escrescenze grandi e in questi casi si parla di condilomi acuminati. Spesso innocui, in alcuni casi le verruche e i condilomi possono provocare prurito, fastidio e dolore di lieve entità. Tuttavia condilomi o verruche non sono associati a un maggiore rischio di tumore.

I sierotipi ad alto rischio, invece, possono avere manifestazioni subcliniche, visibili solo con esami specifici. “I sintomi del tumore al collo dell’utero possono essere del tutto assenti, oppure così lievi e sfumati da passare completamente inosservati – scrive la Fondazione Veronesi –. Mano a mano che il cancro alla cervice uterina progredisce, e le possibilità di cura diminuiscono, possono comparire i tipici sintomi della malattia: sanguinamenti dopo un rapporto sessuale e leggero dolore durante lo stesso, perdite vaginaliacquose o sanguinolente, talvolta di odore sgradevole, dolore alla regione pelvica, sanguinamenti vaginali al di fuori del periodo mestruale o dopo la menopausa. Anche le altre formi tumorali correlate all’infezione da Hpv possono svilupparsi in assenza di segni o sintomi, che insorgono tipicamente solo quando raggiungono uno stadio avanzato difficile da trattare”.

La prevenzione

La prevenzione, attraverso i programmi di screening (con Pap-Test o Hpv-Test), è fondamentale per individuare precocemente le lesioni da Hpv e intervenire. Il Pap-Test, se eseguito a intervalli regolari (ogni 2-3 anni), secondo i dati, riduce il rischio di sviluppare tumore cervicale di circa il 70 per cento. Il Pap-test è un programma di screening  che in Italia include tutte le donne dai 25 ai 65 anni ed è il principale strumento per salvaguardare la salute del collo dell’utero, infatti rientra nel Livelli Essenziali di Assistenza. Tutte le donne, infatti, sono invitate a partecipare gratuitamente tramite lettera inviata dalla propria Asl di competenza. Un’altra possibilità di diagnosi è data dalla ricerca del Dna del Papillomavirus umano, esame in grado di riscontrare la presenza di Dna di virus oncogeno (ovvero responsabile dell’insorgenza del tumore) nei tessuti della cervice uterina. Quest’esame consente di individuare le donne a rischio con maggiore anticipo. Per questo è consigliato alle pazienti di eseguire il test con minore frequenza (ogni cinque anni). La positività non significa necessariamente che una donna svilupperà nel tempo un tumore, ma consente di tenere sotto controllo un’eventuale alterazione al collo dell’utero e di rilevare in anticipo la formazione di qualsiasi anomalia.

Come si previene e cura l’HPV

Al momento non esistono terapie farmacologiche per eradicare il virus dall’organismo. Nei casi in cui l’infezione non regredisca spontaneamente, verruche e condilomi possono essere trattati con creme ad azione antivirale o con trattamenti chirurgici locali per la rimozione delle escrescenze. L’asportazione chirurgica è utilizzata anche per le cellule precancerose localizzate nel collo uterino, garantendo ottimi risultati senza inficiare le funzioni riproduttive della donna. Se invece la condizione è quella di tumore già sviluppato, i trattamenti previsti sono diversi e variano in base alla gravità.  Tuttavia “la maggior parte delle infezioni da Hpv è transitoria – spiega la Fondazione, perché il virus viene eliminato dal sistema immunitario prima di sviluppare un effetto patogeno. Il 60-90% delle infezioni da Hpv, incluse quelle da sierotipi ad alto rischio, si risolve spontaneamente entro 1-2 anni dal contagio, ma è bene tenere sotto controllo se questo avviene. In alcune regioni italiane il test dell’Hpv è stato introdotto nello screening primario, in sostituzione del Pap-test, rendendo l’Italia uno dei primi Paesi impegnato ad aggiornare gli esami di screening primari su questo fronte. Esistono molti Hpv-test in commercio ma solo alcuni sono considerati clinicamente validi, soprattutto nel caso siano utilizzati per lo screening. Prima di eseguire un Hpv-test è quindi importante accertarsi che sia utilizzato un test adeguato, consultandosi col proprio ginecologo di fiducia. In caso di anomalie si procede con la colposcopia, un esame ambulatoriale che permette di individuare eventuali alterazioni a livello della cervice uterina attraverso la visualizzazione ingrandita dei tessuti. Se necessario, in questa sede si effettuano anche biopsie mirate per ottenere analisi più approfondite”. La prevenzione primaria avviene mediante vaccinazione e costituisce oggi la via più efficace e sicura per combattere il rischio di infezione da HPV. I vaccini disponibili sono tre: bivalente, quadrivalente e, dal 2017, 9-valente. Tutti sono indicati contro i ceppi 16 e 18 responsabili della formazione di lesioni neoplastiche nella cervice uterina. Il Piano Nazionale di Prevenzione vaccinale ha inserito la vaccinazione anti-HPV nel calendario vaccinale per tutti gli adolescenti (di sesso femminile e maschile) a partire dal dodicesimo anno di età.

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