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Melanoma, una nuova scoperta potrebbe cambiare le cose

Melanoma: caffeina ha un effetto protettivo. Lo studio

Nonostante sia una malattia ormai molto nota e la prevenzione abbia fatto passi da gigante, il melanoma resta una forma di tumore ancora molto diagnosticata. Complici stili di vita non sempre avveduti e una maggiore intensità dei raggi del sole, le diagnosi continuano ad essere molte. Fortunatamente, oggi le cure sono efficaci anche nei casi più seri. Inoltre, buone notizie arrivano da un nuovo studio dell’Institute of Cancer Research che spiega come le dimensioni delle cellule tumorali nel melanoma possono essere usate per prevedere prognosi e terapia migliore per ciascun paziente, permettendo potenzialmente di massimizzare le chance di successo delle cure.

CAMBIAMENTI

I ricercatori hanno utilizzato immagini ad alta risoluzione per valutare come i cambiamenti genetici influenzino le dimensioni di milioni di cellule di melanoma. Gli scienziati hanno scoperto che le cellule più piccole avevano una dimensione di circa 17 micrometri, mentre le più grandi avevano una dimensione media di 50 micrometri. Le cellule più piccole contenevano quantità più elevate di proteine che riparano il DNA, il che suggerisce che possono tollerare un numero maggiore di danni al DNA. Queste cellule potrebbero quindi essere più vulnerabili ai farmaci che bloccano la riparazione del DNA, in particolare se combinati con la chemioterapia, che danneggia il DNA.

NUOVE PROSPETTIVE

Le cellule più grandi, invece, contenevano danni al DNA e facevano meno affidamento sugli strumenti di riparazione del DNA. Secondo i ricercatori, questo potrebbe rendere la chemioterapia meno efficace su queste cellule e più efficace l’immunoterapia, se appaiono “più estranee” al sistema immunitario. Infatti, l’immunoterapia aiuta il sistema immunitario a riconoscere e attaccare le cellule tumorali. Creare una strategia di trattamento basata sulle dimensioni delle cellule del melanoma potrebbe contribuire a ridurre gli effetti collaterali che alcune persone sperimentano durante l’assunzione di farmaci antitumorali, afferma Bakal. I risultati potrebbero anche migliorare la nostra comprensione delle cellule tumorali in generale. I ricercatori stanno ora studiando se risultati simili possano essere applicati ai tumori della testa e del collo. Se così fosse si potrebbero trovare nuove cure anche per forme tumorali differenti e ancora oggi molto pericolose.

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