Si è tenuto a Trieste l’undicesimo convegno internazionale sugli studi e la diffusione della tecnica delle ‘mamme canguro’, organizzato dal Centro Collaboratore con l’OMS Mother-Child Health Care Center del prestigioso IRCCS Burlo Garofolo di Trieste. Il Centro triestino – nato nel lontano 1972 nella città giuliana e prima struttura del genere in Italia – riconosce il valore di questa tecnica tutta naturale e ne promuove la diffusione a livello internazionale, attivando una serie di studi scientifici sul tema, che, nel 1996, portano al primo congresso dell’International Network on KMC (INK). E sempre dal capoluogo giuliano è partita la redazione delle prime linee guida internazionali per l’applicazione su scala mondiale del metodo.
Un metodo pelle conto pelle
Ma in cosa consiste questa tecnica detta delle ‘mamme canguro’? Al mondo muoiono oltre 3 milioni di neonati l’anno, spessissimo per le conseguenze di un parto prematuro: questa tecnica si è dimostrata essere di grande aiuto per la cura dei piccoli che alla nascita possono pesare poco più di 500 grammi arriva da una tecnica che ha visto il Burlo protagonista a livello internazionale negli ultimi vent’anni, la tecnica delle ‘mamme canguro’.
La storia del metodo Kangaroo Mother Care (KMC) ha inizio negli anni Settanta, in Mozambico, Paese in cui non esisteva un numero sufficiente di incubatrici per assistere i bambini nati pretermine e dove si fece strada un metodo del tutto naturale, ovverosia quello di tenere i bambini immaturi pelle contro pelle con la madre. Il metodo, entrato a pieno diritto nella lista degli interventi efficaci nel ridurre la mortalità neonatale a livello globale, si rivelò vincente e via via si diffuse nel Paese e iniziò ad essere studiato. E fu proprio il centro triestino uno dei primi al mondo ad essere presente nel Paese africano e ad aprire, negli anni ’80 in Italia, le porte della terapia intensiva a questo metodo naturale.
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