Si chiama Nevo melanocitico congenito gigante e fa registrare un solo caso ogni 40mila nuovi nati. La stima è approssimativa, ma bisogna comprendere che si muove in un campo dove nulla sembra essere certo, se non la difficoltà delle famiglie che si trovano a lottare contro la malattia (e talvolta contro il Sistema sanitario nazionale). Per rendere questa battaglia meno dura nel 2007 è nata l’associazione Naevus Italia onlus, tre famiglie che in 10 anni sono diventate centinaia, e la voce di quei bambini è arrivata fino a Roma. Uno dei problemi più grandi, come detto, è che ad oggi la malattia non è stata riconosciuta come rara, perché priva di una componente squisitamente tumorale. In altre parole, sino ad oggi la risposta della politica è stata quella di limitarsi ad un’esenzione con il codice «048», vale a dire quello delle malattie croniche e invalidanti. Il 27 dicembre scorso, il presidente di Naevus Italia onlus Luca Patè e il vicepresidente Corrado Gianì hanno scritto al ministro della Salute Beatrice Lorenzin, chiedendo una posizione ufficiale.
Burocrazia
La notizia di questa esclusione è suonata come un’amara beffa, anche perché l’Istituto superiore di sanità, negli anni passati aveva certificato qualcosa di ben diverso.«Il parere espresso – dice Gianì – parlava di una malattia che sia per la rarità che per l’impegno assistenziale, ha le caratteristiche per essere proposta tra le patologie da inserire nel D.M. 279/2001» e spiegava che «la richiesta sarebbe stata valutata dal Gruppo Tecnico Interregionale Permanente per il coordinamento e il monitoraggio delle attività assistenziali per le malattie rare presso la Conferenza Stato Regioni». Poi però le cose sono andate in maniera differente. Quanto all’assegnazione del codice di esenzione 048, l’associazione chiede se questa direttiva sia stata recepita da parte dei presidi ospedalieri regionali e se sia quindi uniforme su tutto il territorio nazionale. «Le famiglie con figli colpiti da questa malattia – spiega Corrado Gianì – sono ancora oggi costrette a estenuanti viaggi della speranza, o se vogliamo della disperazione. E’ difficile anche solo riuscire ad avere una diagnosi precoce, troppo spesso i medici non sanno neanche come instradare il paziente verso un percorso preciso».
Livelli essenziali di assistenza
Ecco perché la battaglia dell’Associazione è quella di riuscire ad ottenere il riconoscimento di questa malattia nei Lea, garantire ai piccoli pazienti tutte le tutele legate alla legge 104 e arrivare presto al riconoscimento di malattia rara «I nostri obiettivi – continua Gianì – sono molto pratici, chiediamo anche protocolli terapeutici uniformi sul territorio nazionale, così che non ci siano più differenze tra pazienti nati in regioni diverse. Obiettivi concreti servono anche a migliorare la vita di questi piccoli pazienti che spesso subiscono enormi pressioni psicologiche da parte di un mondo che spesso guarda alla diversità con diffidenza. Il nevo melanocitico congenito gigante (NMCG) è come un voluminoso neo, tanto grande da prendere gran parte del corpo. Il problema, però, non è solo estetico: la malattia ha anche una componente tumorale. La letteratura scientifica ipotizza un rischio di insorgenza di melanoma del 5-10% fino al dodicesimo anno di età e comunque dell’1-3% nel corso della vita, rispetto all’incidenza dei soggetti «sani».
La politica
Ecco perché la speranza è che presto possa arrivare una decisione della politica. «Ciò che abbiamo spiegato nella lettera inviata al ministro Lorenzin – conclude il vicepresidente dell’associazione – è che l’’assenza di centri ospedalieri riconosciuti a livello nazionale produce un’incertezza diagnostica e terapeutica e un nomadismo estenuante per i pazienti, inefficiente ed antieconomico per l’intero Sistema Sanitario Nazionale. Quindi la necessità di includere la patologia non si ferma all’eventuale esenzione connessa, ma significa soprattutto un’adeguata diagnosi in età neonatale e l’applicazione di protocolli terapeutici da parte di centri sanitari specializzati. L’assenza di riconoscimento della patologia comporta anche gravi problemi sul piano dei rapporti di lavoro, perché vengono a mancare tutele e diritti di norma connessi per quanti in età infantile devono essere assistiti dai genitori a seguito degli interventi medici per la riduzione del nevo».