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Dieci mesi di infezione da Covid, il terribile record di Dave Smith

Covid, biomarcatori predicono esito
L'uomo è guarito solo dopo oltre 290 giorni di malattia, con 42 tamponi positivi e 7 ricoveri.

Dieci mesi di lotta contro il virus, dieci mesi di positività. E’ l’incredibile storia raccontata dal Guardian, che ha intervistato un uomo che per dieci mesi è risultato positivo al Covid. Il paziente, 72 anni residente a Bristol, si chiama Dave Smith, e la sua guarigione è arrivata solo dopo oltre 290 giorni di malattia, quasi 10 mesi, totalizzando un record di 42 tamponi positivi e 7 ricoveri. Per 5 volte si è trovato in fin di vita, ora è guarito finalmente grazie a un cocktail di 2 anticorpi sviluppato da Regeneron, gli stessi che sono stati usati per curare Donald Trump. «Mia moglie – ha raccontato l’uomo  al Guardian – ha cominciato i preparativi per i miei funerali 5 volte. Il paziente aveva il sistema immunitario compromesso per malattie pregresse e quindi ha sviluppato una forma di Covid “remittente-recidivante». Sono pochi i pazienti di questo tipo, ha spiegato un consulente del National Health Service, Ed Moran, ma è importante garantire loro l’accesso alle cure, anche per evitare il rischio che durante queste lunghe infezioni si sviluppino nuove varianti del virus. 

SEQUENZA CANCELLATA

Intanto, sulle origini del Covid continuano a inseguirsi voci e smentite. Ma anche qualche colpo di scena, in primis quello arrivato dagli USA. Un ricercatore americano, Jesse Bloom del Fred Hutchinson Cancer Research Center, ha infatti identificato dei dati che contengono sequenze del virus SarsCov2 risalenti all’inizio dell’epidemia a Wuhan, rimosse deliberatamente dall’archivio delle sequenze del National Institute of Health americano. Il ricercatore, come si legge su Biorxiv (che raccoglie gli articoli non ancora vagliati dalla comunità scientifica) e anche sul sito della rivista Science, ha recuperato i file cancellati da Google Cloud e ricostruito le sequenze parziali di 13 virus dei primi tempi dell’epidemia. Una scoperta che sui social ha fatto partire nuovi sospetti sulla pandemia, ma che di fatto non è sufficiente a dimostrare nulla  in più sull’origine del virus. 

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