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Fertilità, per l’uomo il periodo migliore è l’estate

Fertilità, per l'uomo il periodo migliore è l'estate. Nella foto una coppia va in bici.
In primavera primavera si registra un picco dell'attività endocrina.

Se si parla di fertilità, per l’uomo il periodo migliore è l’estate. Lo certifica Claudio Giorlandino, ginecologo, segretario generale Sidip (Italian College of Fetal Maternal Medicine) e direttore scientifico dell’Istituto di Ricerche Altamedica. È proprio lui a chiarire che nell’uomo l’attività endocrina ha un picco in primavera e gli spermatozoi in estate sono migliori.

Motilità

Lo specialista spiega che il periodo in cui si nasce maggiormente in Europa sia settembre-ottobre e quindi il concepimento va posto intorno ai mesi più freddi. Tuttavia, se «osserviamo i dati relativi ad un campione di liquidi seminali analizzati nei nostri centri – afferma Giorlandino in una nota – ci si accorge che, a parità di condizioni (età, stato biologico ecc), nei mesi estivi la qualità del seme maschile, per motilità e numero di spermatozoi, appare migliore. Dunque, è proprio vero che in fatto di fertilità, per l’uomo il periodo migliore è l’estate. Questo perché, 3-4 mesi prima, durante la primavera, si registra un picco dell’attività endocrina che migliora progressivamente attività e quantità degli spermatozoi».

Attività fisica

Sebbene i dati in questione risultano estratti da un piccolo campione di soggetti, «queste osservazioni confermerebbero l’ipotesi biologica che il più vivace periodo di incremento della divisione e maturazione spermatica, inizierebbe proprio all’inizio della primavera e quindi dopo il mese di giugno l’uomo è più fertile». Nelle donne con ovulazione regolare, invece, le stagioni influiscono meno se non vi sono problemi ovulatori in essere. In questi casi, attività fisica e benessere possono influenzare positivamente, soprattutto nei soggetti con policistosi ovarica e sindrome metabolica.

Fattori di rischio

La fertilità è un bene che si perde progressivamente con gli anni. Non soltanto con l’aumentare dell’età, ma anche a causa dell’influenza di fattori esterni come smog, fumo di sigaretta, stress, abitudini di vita, presenza di malattie infettive. «Non è dunque solo il tempo che passa a mettere in moto l’orologio biologico, ma anche altri elementi, da tenere in considerazione per preservare questo patrimonio. È chiaro però – conclude l’esperto – che non possono essere fatte statistiche uniche perché ogni persona è a sé».

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