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Pfas cancerogeni, quali sono e dove si trovano

pfas, bolla d'acqua scura in superficie
L’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc) ha recentemente concluso la revisione.

Nuova classificazione per la cancerogenicità delle sostanze chimiche Pfoa e Pfos. Si tratta di sostanze chimiche, l’acido perfluorottanoico (Pfoa) e l’acido perfluorottansulfonico (Pfos), molto utilizzate in un gruppo di composti chiamati Pfas. L’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc) dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha recentemente concluso la revisione, evidenziando gli impatti sulla salute umana. 

Ricerca sui pfas

Già da anni numerosi studi e ricerche avevano associato l’esposizione ai pfas a patologie gravi come il cancro ai testicoli, ai reni, oltre a disordini a livello endocrino. Ora Airc ha confermato che il Pfoa è stato ritenuto cancerogeno per l’uomo “sulla base di sufficienti evidenze di cancro negli animali da esperimento e di forti evidenze meccanicistiche (per alterazioni epigenetiche e immunosoppressione) nell’uomo esposto”.

Il Pfos è risultato probabilmente cancerogeno per l’uomo “sulla base di forti evidenze meccanicistiche in tutti i sistemi di prova, compresi gli esseri umani esposti (per le alterazioni epigenetiche e l’immunosoppressione, oltre a diverse altre caratteristiche chiave degli agenti cancerogeni)”.

Lo studio è stato effettuato da un team di 30 esperti internazionali provenienti da 11 Paesi. I risultati dimostrano gli effetti dannosi di queste sostanze, tant’è che in molti Paesi i PFAS sono stati messi al bando da tempo.

Dove si trovano

Tutte le oltre 10 mila sostanze del gruppo dei  PFAS, sono anche detti inquinanti eterni per via della loro permanenza nell’ambiente per tempi estremamente lunghi. Anche per questo sono presenti ovunque, anche tra i prodotti di uso comune, come imballaggi alimentari, tappeti, materiali da costruzione, cosmetici, pentole, capi impermeabili e schiume antincendio.

I Pfas sono stati rinvenuti anche nell’acqua potabile, sia in Veneto che in Lombardia. Cinque nazioni europee (Danimarca, Germania, Paesi Bassi, Norvegia e Svezia) hanno proposto di mettere al bando l’uso e la produzione in Europa.

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