Psicologia

Il boato di silenti urla adolescenziali

Monaco
Monaco

In adolescenza, il tempo è scandito dai pari, dai conflitti con i genitori e dalla spettacolarizzazione delle emozioni. In questa delicata fase, in cui si gettano le basi per la propria identità, il viaggio verso la crescita può portare alcuni ragazzi a perdersi in ostici dedali. Soli e smarriti, questi adolescenti si sentono come “alieni”, cosa che, in casi limite, può portarli a compiere gesti atroci. Negli ultimi vent’anni il numero di mass murder giovanissimi è aumentato in modo esponenziale. Un ultimo caso è stata la strage del 22 luglio a Monaco di Baviera, compiuta dal diciottenne tedesco di origini iraniane, Ali Sonboly. Nell’osservare le vicende personali e familiari di questi stragisti vi sono alcuni aspetti che risultano quasi ridondanti, ma che spesso sono ignorati o non ritenuti importanti.

Emanuele Mingione, Socio Ordinario Clinico della Società Italiana di Psicologia e Psicoterapia Relazionale , Socio Ordinario Clinico della Società Italiana di Psicologia e Psicoterapia Relazionale
Emanuele Mingione

Aspetti ricorrenti

Sono ragazzi chiusi ed introversi che presentano carenze relazionali, sia in famiglia sia con i pari. A casa regna la disfunzionalità e tra i membri vi sono disinteresse e disimpegno. Non è un caso che spesso i genitori di questi assassini dichiarino di non aver mai sospettato di nulla. Tra i pari, invece, le evidenti difficoltà di inserimento di questi ragazzi diventano motivo di squalifica, rifiuto ed attacco da parte degli altri. Molti stragisti, tra i quali anche Sonboly, sono stati vittima di bullismo. Naturalmente, il bullismo non genera stragisti, ma è uno dei tanti fattori che giocano un ruolo. Il soggetto abusato si sente indifeso e privo di relazioni solide e protettive. Inoltre, esso cova in sé un grande sentimento di ingiustizia, che può spingerlo a soluzioni estreme contro se stessi e gli altri. Durante l’adolescenza, il gruppo di pari e la famiglia rappresentano la fucina in cui conoscersi e crescere. L’appartenenza, come sottolineano Aurilio, Menafro e De Laurentis, si configura come il principio base dell’evoluzione dell’individuo, che si potenzia, attraverso lo svincolo, proprio nel passaggio da un sistema all’altro. Il sistema, dunque, è condizione psichica indispensabile per ri-conoscere e ri-conoscersi e matrice relazionale per l’evoluzione dell’essere umano. Per contro, il vivere in sistemi familiari e relazionali in cui non si può sperimentare l’appartenere può generare depressione ed un isolamento fortemente patologico.

Dipendenti da PC e Console

Altro aspetto sottovalutato, comune a molti mass murder, è l’eccessivo e smisurato tempo passato di continuo da soli avanti a pc e console. Questi giovani, non solo, sviluppano dipendenza per videogiochi violenti, come gli “sparatutto”, ma nel deep web trovano informazioni sul come procurarsi armi e cercano notizie su altre stragi, sviluppando un’idolatria nei confronti dei propri predecessori, come quella di Sonboly per il norvegese Anders Breivik. C’è bisogno, dunque, che ognuno si assuma la responsabilità di arginare la violenza, tutelando le generazioni future e fornendo adeguati strumenti per crescere insieme.

di Emanuele Mingione

Socio Ordinario Clinico della Società Italiana di Psicologia e Psicoterapia Relazionale 

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