Prevenzione Speciali

Un’amata multidisciplinare per battere l’infiammazione di tipo 2

Nella foto una grafica che illustra l'infiammazione di tipo 2
Dall’asma bronchiale alla dermatite atopica, alcune patologie sono legate tra loro: le fanno scoprire biomarker specifici. Ecco perché accanto a nuove terapie è fondamentale la collaborazione tra specialisti.

Alcune patologie sono legate tra loro, perché sono accese, per così dire, da un’unica “scintilla”. È il caso di malattie come l’asma bronchiale, la rinosinusite cronica con poliposi nasale, la rinite allergica, la dermatite atopica, l’esofagite eosinofila. Tutte collegate a quella che gli esperti definiscono “infiammazione di tipo 2”. «Alcune cellule del sistema immunitario hanno la peculiarità di produrre citochine specifiche», spiega Oliviero Rossi, dirigente di I livello preso la SOD di Immunoallergologia dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Careggi di Firenze. «E sono proprio queste citochine (IL-4; IL-5; IL-13) a promuovere i danni a carico dei tessuti». Quindi, una base infiammatoria comune che sviluppa poi patologie differenti. «Non di rado, queste si manifestano anche in concomitanza. Ad esempio, nel 40% dei pazienti con asma grave può anche presente manifestarsi anche una rinosinusite cronica con poliposi nasale».

Lavoro di squadra

Di qui l’importanza di conoscere bene i meccanismi alla base di tutte queste malattie. È altresì importante che i diversi specialisti lavorino insieme per la gestione ottimale del paziente che può presentare più di una patologia legata all’infiammazione di tipo 2. Rossi spiega che la formazione dei medici e la loro capacità di saper individuare le varie patologie di tipo 2 è determinante. E qui entra in gioco un altro elemento comune a tutto questo gruppo di patologie, vale a dire l’aumento di alcuni “segnali” (biomarker) specifici, quali ad esempio incremento degli eosinofili, aumentati livelli di ossido nitrico nel respiro esalato, aumento degli anticorpi IgE circolanti ed altri. Quindi, questi biomarker, se accompagnati a sintomi specifici, devono sempre far accendere un campanello d’allarme nel medico che è chiamato ad effettuare una diagnosi ed indirizzare il paziente anche verso differenti specialisti per lavorare in approccio multidisciplinare alla gestione di questi pazienti con più malattie di tipo 2 coesistenti. In molti casi il singolo biomarker non è univocamente associato alla presenza di un’alterazione legata all’infiammazione di tipo 2 in queste patologie: importante quindi considerare la sintomatologia e la storia clinica del paziente.

Qualità di vita

Arrivare ad individuare precocemente il problema è essenziale anche in considerazione dell’impatto che queste malattie hanno sulla qualità di vita dei pazienti. «Si pensi all’asma bronchiale o alla dermatite atopica, sono malattie che hanno effetti pesantissimi sui pazienti e, spesso, sulle loro famiglie. Impattano in modo drammatico sulla vita personale, lavorativa o anche sul profitto scolastico». Proprio per il loro essere croniche, sono malattie che compromettono performance fisiche, rapporti sociali, qualità del sonno e produttività sul lavoro. Questo gruppo di malattie scatenato da infiammazione di tipo 2 ha un andamento cronico e se non sono adeguatamente trattate sono patologie che vedono spesso riacutizzazioni e ricoveri ospedalieri, oltre che un aumento di morbilità, mortalità, costi sociali e sanitari. Facile capire perché è di fondamentale importanza assicurarsi che il paziente rimanga “compliante” per tutta la durata della terapia, anche se ci fosse la necessità di proseguirla per tutta la vita. «Sino ad oggi, l’unica arma a disposizione di noi specialisti di queste malattie era legata a terapie a base di cortisone, che non sono però prive di effetti collaterali».

Terapie

Oggi, invece, per molte di queste malattie scatenate da infiammazione di tipo 2 i medici e soprattutto i pazienti possono beneficiare di terapie innovative biologiche, che lavorano intervenendo su diverse componenti della cascata infiammatoria e quindi possono portare ad un controllo dei sintomi e, di conseguenza, un della qualità di vita. «Grazie a queste nuove terapie – conclude il professor Rossi – riusciamo ad avere un’ottima compliance, perché sono farmaci che il paziente può gestire autonomamente presso il proprio domicilio e che vengono dispensati gratuitamente mediante un piano terapeutico stilato dai centri specialistici. Una vera e propria rivoluzione». Di qui l’importanza, evidenziata poc’anzi, di un’attenta azione di aggiornamento da parte dei medici e la fondata speranza che, attraverso una maggiore consapevolezza dei pazienti, la storia naturale di queste malattie possa veramente cambiare.

Articolo pubblicato su Molto Salute il giorno 13 luglio 2023 a firma di Arcangelo Barbato con la collaborazione del network editoriale PreSa – Prevenzione e Salute

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