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Michela Murgia, il tumore al rene diagnosticato al IV stadio

Michela Murgia, morta di tumore al rene, in una foto sorridente

Michela Murgia a soli 51 anni è morta di tumore al rene. Ha raccontato la malattia e le cure negli ultimi mesi con coraggio e senza perdere il sorriso. Era il 6 maggio quando la scrittrice, drammaturga e attivista in un’intervista al Corriere della Sera, annunciava di avere il tumore al quarto stadio e di avere pochi mesi di vita. Le metastasi avevano già invaso le ossa e il cervello e non era operabile. Dopo l’intervista l’Associazione Nazionale Tumore del Rene (Anture) aveva ricordato che ogni storia di tumore è a sé.

Oggi la sopravvivenza è cinque volte maggiore, anche una diagnosi con metastasi dà speranze. Per il tumore al rene esistono molte cure grazie alla ricerca che negli ultimi 10 anni ha fatto passi da gigante. Le nuove terapie lasciano ben sperare e il quarto stadio non è più una condanna certa anche quando non è operabile.

Il tumore al rene

Il tumore del rene è solo il 3% di tutti i tumori solidi che colpiscono gli adulti. In Italia nel 2022 ci sono stati 12.600 mila nuovi casi (7.800 negli uomini e 4.800 nelle donne). Si stima che oggi vivano nel nostro paese 144.400 persone che hanno ricevuto una diagnosi in passato (97.200 uomini e 47.200 donne). In generale, 7 pazienti su 10 sono vivi a cinque anni dalla diagnosi e si può parlare di guarigione per oltre la metà di chi scopre il tumore in stadio precoce. 

Sintomi e fattori di rischio

I sintomi sono generici e possono essere confusi con altre condizioni come la calcolosi renale. Infatti la maggior parte dei tumori del rene viene scoperto per caso (oltre 8 mila sui 12 mila diagnosticati lo scorso anno) durante le indagini per altri motivi. I segnali più frequenti sono il sangue nelle urine e un dolore sordo al fianco o una massa addominale. I fattori di rischio invece sono chiari: il principale è il fumo di sigaretta. Tuttavia anche l’obesità e l’ipertensione arteriosa aumentano la probabilità di ammalarsi.

In generale tre tumori su quattro vengono spesso diagnosticato in fase precoce, quindi in stadio I o II quando interessano solo il rene. Si parla di stadio III, invece, quando il tumore si è esteso anche alle strutture circostanti. Il carcinoma renale tende a invadere soprattutto i vasi sanguigni e a essere fortemente vascolarizzato. Questo, però, non pregiudica l’intervento chirurgico.

Il tumore al rene metastatico (IV stadio)

Circa il 25% dei pazienti alla diagnosi ha già un tumore al rene di stadio IV o metastatico, ovvero ha già interessato organi distanti. Un altro 25% invece ha recidive e progredisce dopo la chirurgia radicale. Tuttavia sono sempre di più i casi di pazienti in cui è stato possibile asportare integralmente la malattia anche se in fase metastatica. Oggi è possibile ricorrere a nuove tecniche ablative (chirurgia, radioterapia e altri trattamenti locali). Inoltre c’è anche l’immunoterapia che può essere prescritta come terapia adiuvante dopo l’intervento, per ridurre il rischio di recidive. Si tratta del primo trattamento a disposizione per pazienti definiti ad alto rischio. 

Non tutti i pazienti però possono rientrare nell’operazione. Nei casi di carcinoma renale a cellule chiare metastatico in cui non è possibile eseguire interventi locali (stadio IV non operabile), negli ultimi 10-15 anni ci sono state delle evoluzioni. Dai farmaci antiangiogenici, che contrastano la formazione di nuovi vasi sanguigni e ‘strozzano’ il tumore, all’immunoterapia, oggi è possibile combinare più tipi di farmaci, anche nella prima linea di trattamento della malattia metastatica.

La sopravvivenza è più che quintuplicata: fino a 10 anni fa a 5 anni era del 5% circa, mentre oggi si attesta intorno al 40%. Gli studi clinici riportano anche un 8-16% di remissioni complete e una probabilità di controllo della malattia dal 75 al 90%, a seconda delle combinazioni di farmaci e delle popolazioni di pazienti considerate. Fino a 15 anni fa, invece, la neoplasia era orfana di trattamenti.

Michela Murgia

Murgia era nata in Sardegna e aveva cinquantun anni. Attivista e scrittrice, aveva animato il dibattito pubblico negli ultimi anni, grazie alle sue posizioni politiche e femministe. Nel campo letterario è entrata a gamba tesa nel 2006 con l’uscita per Einaudi de “Il mondo deve sapere. Romanzo tragicomico di una telefonista precaria”. Il libro autobiografico era nato come blog ed era il racconto delle sue vicende lavorative. Paolo Virzì poi ne trasse il film “Tutta la vita davanti”, seguito da “Accabadora” che vinse il Premio Campiello. Da quel momento Michela Murgia ha fatto sentire la sua voce nel dibattito pubblico e ha continuato con una serie di pubblicazioni che andavano dalla religione alla politica fino al femminismo.

Il suo ultimo libro era Tre ciotole, nel frattempo aveva realizzato un podcast molto popolare, diventato anche un libro di successo. Era laureata in teologia e aveva scritto opere saggistiche sulla posizione della donna e sulla famiglia, tra cui “Stai Zitta, e altre nove frasi che non vogliamo sentire più”. Era impegnata anche come editorialista e nel giugno 223 era stata nominata Cavaliera delle Arti e delle Lettere in Francia.

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