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Tumore al seno, tre varianti potrebbero incidere sulle terapie

Tumore al seno, un immagine del dna
L'esame genetico aiuterà i medici a definire il successo della terapia anti-ormonale.

Come per il Covid, l’analisi delle varianti genetiche aiuterà i medici a definire il successo della terapia anti-ormonale per pazienti operate di tumore al seno. Lo svela uno studio coordinato dall’IRCCS Ospedale Policlinico San Martino di Genova e pubblicato su Clinical Cancer Research.

Lo studio

I primi dati risalgono addirittura al 2005, ora lo studio promette di segnare un passo importante, uno spartiacque, nella gestione della terapia ormonale per le pazienti operate di tumore al seno e con recettori positivi agli estrogeni. Questa terapia mira a massimizzare i benefici e minimizzare gli effetti collaterali, come osteoporosi e problemi cardiovascolari.

Varianti

A spiegare quali sono le possibilità della ricerca in relazione ai risultati raggiunti è Lucia Del Mastro, oncologa e direttrice della Clinica di Oncologia medica dell’IRCCS Ospedale Policlinico San Martino – Università di Genova. La dottoressa chiarisce infatti che le pazienti ricevono oggi il trattamento ormonale adiuvante per un periodo che arriva fino a 7-8 anni. Quindi, valutare la presenza o meno di tre varianti potrebbe aprire la strada alla personalizzazione della durata di tale trattamento sulla base del rischio di recidive e di effetti collaterali e bilanciare al meglio le cure. La ricerca rivela infatti che le tre varianti si associano a un maggior rischio di recidiva e metastasi del tumore a distanza di anni, ma anche a un’incidenza più bassa di effetti collaterali come fratture o eventi cardiovascolari.

Maggior rischio

«Questi risultati fanno ipotizzare che le pazienti con queste varianti genetiche producano fisiologicamente una maggiore quantità di estrogeni che da una parte riducono l’efficacia della terapia ormonale, portando a un rischio più alto di recidiva, dall’altra diminuiscono anche gli effetti collaterali gravi di tale terapia, come le fratture da osteoporosi», conclude Benedetta Conte, oncologa della breast unit dell’Ospedale Policlinico San Martino e attualmente ricercatrice del Translational Genomics and Targeted Therapies in Solid Tumors dell’IDIBAPS dell’Università di Barcellona.

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