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Trapianto da sangue cordonale, poche donazioni. Il primo bimbo salvato, oggi 40enne

Matte Farrow, primo ad avere avuto trapianto sangue cordonale
Ha rivoluzionato la cura di molte malattie prima incurabili.

A 35 anni dal primo trapianto da sangue cordonale, in Italia sono ancora poche le donazioni. Eppure ha cambiato il corso di oltre 80 malattie, tra cui leucemie e linfomi, anemie e malfunzionamenti del sistema immunitario. Era il 6 ottobre del 1988 quando veniva eseguito il primo trapianto di cellule staminali da cordone ombelicale. Da allora, in tutto il mondo, ci sono stati oltre 40mila trapianti da sangue cordonale. Tuttavia, in Italia sono state poco meno di 7mila le unità donate nel 2022, di cui meno di 400 unità sono state conservate in una banca pubblica.

La storia del primo bambino

Matthew Farrow era un bambino americano con anemia di Fanconi. All’età di 5 anni, ormai in fase terminale, fu il primo a ricevere un trapianto di cellule staminali provenienti dal cordone ombelicale della sorella minore, Alison. Era il 6 ottobre 1988 e l’operazione, frutto della ricerca, venne svolta a Parigi da un team internazionale di esperti guidato dalla professoressa Éliane Gluckman. Dal 2017 è stata istituita anche la Giornata mondiale del cordone ombelicale (15 novembre), per ricordare questo traguardo. Il punto è stato fatto in un incontro “La rivoluzione delle cellule staminali cordonali: 35 anni dopo”, realizzato con il contributo di Sorgente, gruppo FamiCord. Il trapianto di cellule staminali è una tecnica salvavita usata per oltre 80 malattie. Esiste però la difficoltà nel trovare un donatore compatibile, anche all’interno dei registri internazionali, affiancata alla necessità di attuare un intervento rapido. Questa difficoltà ha portato la scienza a cercare soluzioni alternative che hanno condotto all’utilizzo delle cellule staminali presenti alla nascita nel cordone ombelicale. 

Matt Farrow racconta la sua storia

Matt Farrow è salvo grazie all’innovazione e alla ricerca. «La diagnosi di anemia di Fanconi, una malattia genetica rara caratterizzata da una progressiva insufficienza del midollo osseo, è arrivata quando avevo all’incirca due anni e mezzo di età. All’epoca chi soffriva di questa malattia, non aveva speranza di superare la prima decade di vita senza un trapianto di midollo osseo. Sfortunatamente per me, non avevo in famiglia un donatore compatibile, finché i miei genitori non decisero di provare ad avere un terzo figlio. Mentre mia madre era incinta di mia sorella minore, Alison, si scoprì non solo che quest’ultima non era portatrice della malattia, ma anche che avrebbe potuto essere un donatore perfettamente compatibile con me, ma, una volta raggiunta un’età consona per il trapianto, sarebbe stato probabilmente troppo tardi. Da qui, il team di ricercatori diretto dal dottor Hal Broxmeyer propose di utilizzare il sangue cordonale di mia sorella Alison per il mio trapianto. A febbraio del 1988 Alison nacque e il suo sangue cordonale venne raccolto, processato e criopreservato. Dopo dieci mesi, all’età di cinque anni, mi venne infuso il sangue cordonale di mia sorella minore dandomi così una seconda chance di vivere», racconta Farrow che oggi ha 40 anni.

Donazione e trapianto di cellule staminali da cordone ombelicale

Quando il cordone ombelicale viene tagliato dopo la nascita del bambino permane del sangue nei vasi sanguigni della placenta e nella porzione di cordone ombelicale ad essa attaccata. Dopo la nascita, il neonato non ha più bisogno del sangue extra (sangue cordonale). Quest’ultimo, oltre ad avere globuli rossi, globuli bianchi, piastrine e plasma, è anche ricco di cellule staminali emopoietiche, come quelle che si trovano nel midollo osseo. «Si tratta di un’ottima risorsa alternativa per tutti quei pazienti che non trovano un donatore compatibile. Infatti, le unità di sangue cordonale donate sono disponibili a priori nelle banche nazionali e quindi utilizzabili prontamente in caso di trapianto urgente. Ma non solo, le cellule staminali cordonali presentano dei vantaggi rispetto alle cellule staminali provenienti da midollo osseo o da sangue periferico in quanto il sistema immunitario dei neonati non è ancora perfettamente sviluppato, le cellule sono più giovani, hanno una maggior capacità di autorinnovamento e differenziamento, sono maggiormente compatibili e a minor rischio di rigetto. Pertanto il sangue cordonale può essere trapiantato anche in caso di non perfetta compatibilità tra ricevente e donatore, cosa invece impossibile nel caso di cellule staminali provenienti da un adulto», dichiara Carolina Fossati, ematologa e socio fondatore della Accademia di Medicina Rigenerativa (ABRI).

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