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Tumore del polmone: test genetici essenziali ma carenti

tumore del polmone, immagine 3d
Malattia sempre più femminile. Carente l’accesso ai test genetici, alla riabilitazione e al supporto psicologico. Le maggiori criticità da un'indagine conoscitiva.

La consapevolezza sulla salute dell’apparato respiratorio cresce in maniera lenta, ma costante. Tuttavia, restano ancora delle zone d’ombra. I pazienti che convivono con un tumore del polmone rivendicano una maggiore informazione sulla malattia e sul percorso di cura. Da un’analisi emerge poca attenzione agli aspetti della vita quotidiana, tra cui la riabilitazione dopo l’intervento chirurgico e il supporto psicologico. Viene richiesto un maggior contatto con il medico curante e una più stretta collaborazione tra gli operatori sanitari dell’ospedale e del territorio. L’informazione ricevuta dallo specialista sulle terapie da adottare, invece, è ritenuta soddisfacente. Mentre, c’è ancora da lavorare per ampliare sul territorio l’accesso ai test genetici, oggi offerti a poco più di 1 paziente su 2.

La fotografia è stata scattata dall’indagine conoscitiva sul tumore del polmone condotta nell’ambito dell’iniziativa ‘In Contatto’, promossa dalle 45 Associazioni del Gruppo ‘La salute: un bene da difendere, un diritto da promuovere’. L’analisi ha indagato le esperienze e le esigenze dei pazienti e delle pazienti durante il percorso di cura per portare all’attenzione delle Istituzioni i disagi, i bisogni non soddisfatti e proposte per soluzioni adeguate. I dati sono stati presentati in una diretta Facebook, nell’ambito di una serie di incontri.

Accesso ai test per terapie mirate

“Nell’indagine il dato che spicca tra tutti è la non conoscenza del tumore polmonare tra i pazienti e i caregiver”, sottolinea Annamaria Mancuso, Presidente Salute Donna OdV e Coordinatrice del Gruppo “La salute: un bene da difendere, un diritto da promuovere. “Vuol dire che la popolazione generale non è sufficientemente informata su questa patologia neoplastica, sui segnali da attenzionare e sui percorsi di cura e assistenza. Il dato è molto preoccupante e ci pone davanti a numerose sfide, in primis quella di potenziare le campagne di sensibilizzazione. Un lavoro che intendiamo promuovere con determinazione perché solo attraverso un’informazione adeguata e capillare cresce la conoscenza, che permette ai cittadini e ai medici di medicina generale di mettere in atto azioni volte a prevenire primariamente il tumore del polmone”.

“Molto c’è ancora da fare – prosegue – per rendere accessibili ad un sempre maggior numero di pazienti i test genetici che sono fondamentali per profilare il tumore dal punto di vista molecolare e impostare le terapie. Un altro punto che ci spinge a sostenere i pazienti è quello della presa in carico globale con team multidisciplinari degli stessi malati e un’attenzione particolare al percorso della riabilitazione post-intervento chirurgico, al sostegno psicologico del paziente e del caregiver e ad alcuni aspetti della vita quotidiana che, stando alle testimonianze, ci sembrano gravemente trascurati o sottovalutati”.

Indagine sul vissuto dei pazienti con tumore del polmone

I pazienti e le pazienti hanno riportato il percorso di cura, gestione e impatto della malattia sulla quotidianità. Oltre metà del campione è di sesso femminile e ha un’età compresa tra i 61 e i 75 anni, mentre il 23% ha tra i 51 e i 60 anni. Il 45% degli intervistati al momento dell’indagine era in trattamento, il 32,5% in follow up mentre il 14,5% e l’13,2% erano rispettivamente in mantenimento o appena operati. L’indagine ha rivelato che sul fronte della prevenzione c’è ancora molto lavoro da fare. Inoltre, lo pneumologo, figura di riferimento per le malattie polmonari, non è ancora ben noto come colui al quale rivolgersi in caso di sintomi dell’apparato respiratorio.

Solo il 20,1% del campione si è sottoposto da più di 3 anni ad un Rx del torace, al 55,1% degli intervistati non è mai stato prescritto dal medico di famiglia un Rx del torace e addirittura l’88% dei rispondenti non si è mai sottoposto ad una TAC spirale del torace. Inoltre, la maggioranza del campione non si è mai recato dallo pneumologo per una visita. Riguardo la fase della malattia al momento della diagnosi, il 35% del campione presentava un tumore localizzato e operabile. Il 23,1% un tumore localmente avanzato non operabile e il 30,8% un tumore in fase metastatica. La prevenzione, quindi, resta cruciale per diagnosticare precocemente la malattia.

Fumo principale fattore di rischio

L’indagine evidenzia il ruolo del fumo quale principale fattore di rischio per l’insorgenza di un tumore del polmone. Il 20,5% del campione non ha mai fumato, il 12,4% è un fumatore, il 26,1% è stato un fumatore ma ha smesso da oltre 10 anni e il 13,2% è stato un fumatore ma ha smesso da meno di 5 anni mentre il 12% è stato un fumatore ma ha smesso da meno di 10 anni. Ciononostante, il 78,2% ha dichiarato di non aver avuto problematiche respiratorie. Il 72% del campione ha abitato in città. Inoltre, il 67,5% dei rispondenti non ha casi di tumore polmonare tra i consanguinei più stretti contro un 29,5% che ha risposto affermativamente.

La malattia è stata scoperta nel 38,5% dei casi durante controlli di routine, nel 23,5% a seguito di sintomi aspecifici condivisi con il medico di famiglia. Solo il 13,2% ha scoperto il tumore grazie a sintomi sospetti mentre il 2% a seguito di esami effettuati per familiarità. Ancora poco conosciuta è la R.I.S.P. Rete Italiana Screening Polmonare, il programma di screening gratuito per i forti fumatori attivo in 18 Centri italiani. Il 69,2% del campione non sa cosa sia, mentre il 30,8% del campione ne ha sentito parlare attraverso internet oppure tramite il medico specialista o grazie a materiali informativi in ospedale.

Tumore del polmone sempre più femminile

“I dati della survey vanno a confermare quanto le pubblicazioni scientifiche e i registri affermano, ossia che il tumore polmonare è, purtroppo, una malattia sempre più (anche) femminile. E il fumo di sigaretta, come abitudine attiva o pregressa, resta il fattore di rischio principale”. Lo mette in luce Silvia Novello, Professore Ordinario di Oncologia medica Università degli Studi di Torino e Responsabile SSD Oncologia Polmonare AOU San Luigi Gonzaga di Orbassano, Presidente WALCE – Women Against Lung Cancer in Europe.

“Il livello di informazione rispetto alla campagna di prevenzione secondaria e primaria (RISP) è assolutamente inadeguato – continua – sia fra la popolazione che tra i medici di base. Un investimento andrà pertanto fatto in tale contesto per diffondere questa possibilità di poter fare finalmente screening anche per la patologia oncologica polmonare, che ancora oggi è la principale causa di morte per cancro”.

Informazione carente

L’informazione è un punto di forte criticità. Solo il 2,1% del campione ritiene di essere ‘molto’ informato sulla malattia anche se oltre la metà degli intervistati dichiara di non avere sottovalutato i possibili campanelli d’allarme. Inoltre, il 68,4% afferma di sapere che il tumore del polmone può essere correlato a mutazioni genetiche e addirittura il 65,4% sa che in questi casi il tumore viene curato con terapie a bersaglio molecolare. Il 62,8% del campione ha effettuato test genetici per la caratterizzazione molecolare del tumore.

Si rivela più che soddisfacente, invece, l’informazione ricevuta sulle scelte terapeutiche. Il 46,2% del campione si dichiara ‘molto’ informato e coinvolto dall’oncologo sulle strategie terapeutiche, il 44,9% ‘abbastanza’ informato. Solo il 9% lamenta di non essere ‘per niente’ informato. Il 39% del campione è stato curato con target therapy, il 36,8% con chemioterapia, il 36,3% con la chirurgia, il 30,3 con radioterapia, infine, un 18% è stato trattato con l’immunoterapia e un 9,4% con combinazione di chemio/immunoterapia. Tuttavia, soltanto al 41,5% degli intervistati il medico curante ha spiegato l’importanza dell’attività fisica e di uno stile di vita sano durante e dopo il percorso di cura.

Impatto psicologico

L’indagine mette in evidenza alcune importanti lacune. Il 70,6% del campione non è stato sottoposto dopo l’intervento chirurgico ad alcuna terapia riabilitativa e solo la metà è stato seguito da un team multidisciplinare, mentre il 62% non ha ricevuto alcun supporto psicologico. La vita quotidiana dopo una diagnosi di tumore del polmone subisce diverse limitazioni a causa degli effetti collaterali delle terapie (26,1%), dell’ansia/depressione (17,1%), e anche per la mancanza di contatto con il medico curante (15,4%).

La continuità assistenziale ospedale-territorio è un nodo cruciale. Si riscontra un gap tra l’assistenza ospedaliera e quella offerta sul territorio. Difficoltosa l’organizzazione dei controlli, con evidenti difficoltà nel conciliare la vita lavorativa e la gestione della malattia. Infine, la maggioranza del campione è stato seguito presso un Centro di riferimento della propria Regione e oltre la metà del campione è stato operato nello stesso Centro di riferimento.

Tumore del polmone, stigma per ex fumatori

“I risultati dell’indagine ci hanno colpito molto perché denotano quanto restino ancora oggi ampiamente sottovalutati i primi segnali/sintomi del tumore polmonare, patologia che peraltro è gravata da una forte ritrosia a parlarne. Tutti ne parlano pochissimo: i pazienti, perché ne temono lo stigma (sopratutto se sono stati ex fumatori), gli stessi medici di famiglia, i mezzi di informazione. Lo afferma Elena Castagnetti, socia fondatrice e membro del Consiglio Direttivo dell’Associazione IPOP– e benché si cominci a vedere un certo cambiamento dovuto soprattutto alla ricerca scientifica che contribuisce almeno in certi casi a cronicizzare la malattia, la strada da fare è ancora lunga. Bisogna agire sulla cultura tra la popolazione generale e i medici attraverso un’opera di sensibilizzazione massiccia.

IPOP in questi ultimi anni si è impegnata a organizzare webinar dedicati, con l’aiuto di specialisti dei vari ambiti medico-scientifici al fine di contribuire alla continuità delle informazioni specie per quanto riguarda i progressi scientifici. Inoltre, collaboriamo attivamente con altre Associazioni e stakeholder interessati al tumore del polmone. Sul tema del sostegno psicologico, tanto importante per il paziente e per la sua famiglia, abbiamo organizzato già durante la pandemia una serie di incontri con gli psiconcologi, che stiamo portando avanti. Il tumore del polmone è una malattia complessa che colpisce tutto il nucleo familiare, in particolare quando ad essere malato è un genitore giovane con i figli adolescenti. Inoltre, la letteratura scientifica dimostra che sostenere psicologicamente i pazienti produce notevoli benefici in termini di aderenza alle terapie e alla loro efficacia”, conclude.

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