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Tonino Aceti: «Il sacrificio di dodicimila infermieri»

«Quaranta deceduti, quattro suicidi e 12 mila contagiati», Tonino Aceti, portavoce della Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche, ricorda il tributo pagato dagli infermieri nel corso di questa pandemia.

Dottor Aceti, un bilancio terribile, come lo spiega?
«È sotto gli occhi di tutti il ruolo importantissimo svolto dagli infermieri, io li considero la spina dorsale del servizio sanitario pubblico. Hanno messo davanti a tutto la salute dei pazienti, purtroppo anche rischiando la propria salute per i problemi legati all’erogazione e alla qualità dei Dpi forniti dal sistema sanitario».

Molti hanno anche fatto fronte a spese di autoisolamento, vero?
«Sì, di tutti i sanitari contagiati il 50% sono infermieri. Per evitare di mettere a rischio le proprie famiglie alcuni hanno preferito fittare una stanza in un B&B e vivere in autoisolamento dedicandosi solo al lavoro».

Qual è l’apporto che gli infermieri possono dare in questa fase 2?
«Centrale nel rafforzamento e nell’innovazione della rete territoriale. Sui servizi territoriali gli infermieri potranno dare un contributo ancora maggiore, soprattutto considerando quanto stabilito dal decreto rilancio che prevede 9 mila 600 infermieri in più. Si partirà con contratti Co.co.co per poi arrivare nel 2021 alle stabilizzazioni a tempo indeterminato. La scelta del governo è stata quella di investire sul personale infermieristico per rafforzare la risposta assistenziale sul territorio».
C’è però anche la rete ospedaliera.
«Certo, ed è una componente importante. Questo decreto fa investimenti importanti per l’incremento dei posti letto di terapia intensiva e quindi anche lì gli infermieri avranno un ruolo centrale. Nonostante tutto, dispiace che questa categoria sconti il problema cronico della carenza di personale. La nostra stima è di circa 50mila unità mancanti. Questo ha significato per gli infermieri sobbarcarsi anche turni di 12 ore consecutive».

Cosa pensa dell’infermiere di famiglia e di comunità? 
«È un modello innovativo, che si rivelerà molto utile in questa fase 2. Non è un caso che il decreto rilancio punti a sviluppare questa figura già introdotta con l’ultimo Patto per la Salute. Sarà essenziale la collaborazione con i medici di famiglia così da aumentare la risposta anche per i pazienti cronici».

Un auspicio per il prossimo futuro?
«Che nessun professionista della sanità debba mettere a rischio la vita per fare il proprio dovere».

 

Fonte: Il Mattino – Speciale Salute & Prevenzione

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