Anziani

Un test del sangue per diagnosticare la demenza: la ricerca del Royal Melbourne Hospital

Alzheimer,demenze, un uomo di spalle seduto appoggiato su un albero

Diminuzione delle facoltà mentali e perdita della memoria sono tra gli effetti più gravi e invalidanti della demenza senile, che colpisce generalmente in età avanzata ma che può sopraggiungere anche in individui al di sotto dei 65 anni, portando a disturbi cognitivi importanti che diventano cronici e sono generalmente irreversibili.

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La demenza può presentarsi con sintomi che non sono riconducibili immediatamente a questa diagnosi, come depressione o ansia, che possono presentarsi per una moltitudine di situazioni anch’esse legate all’età avanzata.

Ad esempio, gli individui più anziani, specie se giunti all’età della pensione, non avendo più le giornate occupate da tante attività, possono facilmente cedere alla solitudine e alla tristezza che nei casi più gravi sfociano in depressione vera e propria.

Inoltre, per persone abituate all’indipendenza e alla propria quotidianità, potrà essere difficile accettare e riconoscere alcuni sintomi, rendendo complicato anche alle persone più vicine notare differenze nei comportamenti che in ogni caso l’anziano tenderà generalmente a sminuire, insistendo sul fatto che si tratta di episodi sporadici.

Per questi motivi, un esame con il quale si possa diagnosticare la demenza in tempi brevissimi grazie semplicemente a un’analisi del sangue, è una vera e propria rivoluzione in quanto permette una cura tempestiva e adeguata con l’obiettivo di rallentare più possibile il deterioramento cognitivo.

Il test messo a punto dai ricercatori del Royal Melbourne Hospital misura il livello, nel sangue, di una proteina che serve al mantenimento della struttura delle cellule cerebrali chiamata Nfl (neurofilamento a catena leggera).

A spiegare il funzionamento del test per la diagnosi della demenza è stato il neuropsichiatra Dennis Velakoulis, che è responsabile della ricerca grazie alla quale è stato elaborato il test. Il Dottor Velakoulis ha spiegato che un’elevata presenza nel sangue o nel flusso spinale del Nfl è sintomo di un danno neurodegenerativo.

È molto difficile capire se i disturbi sono dovuti alla demenza sopraggiunta per l’età o a disturbi mentali psichiatrici, ma Velakoulis sottolinea un elemento davvero rivoluzionario di questa ricerca: nei campioni di sangue o di midollo spinale di pazienti con malattie psichiatriche preesistenti, il Nfl non è presente, quindi si potranno differenziare le due diagnosi, effettuandone una molto più precisa.

Il neurofilamento a catena leggera, dunque, viene rilasciato nel sangue quando le cellule cerebrali iniziano a morire, è questo ciò che viene rilevato, portando ad una diagnosi veloce e non invasiva, utile anche a rilevare malattie a causa delle quali le cellule cerebrali muoiono.

la memoria della pelle

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