Psicologia Ricerca innovazione

La depressione si potrà curare, la chiave in un aminoacido

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Nuove prospettive terapeutiche da una scoperta fatta all'Università della Florida.

La depressione si potrà curare grazie ad un aminoacido. La scoperta è stata fatta all’Università della Florida da un gruppo di ricercatori che ha poi pubblicato i risultati dello studio sulla prestigiosa rivista Science. Non è superfluo sottolineare l’importanza di questa scoperta, vista l’incidenza del problema e l’impatto che questo ha sulla vita delle persone.

LA MOLECOLA

Alla base di questa nuova scoperta c’è una molecola che si chiama glicina. Questo aminoacido ha la capacità di bloccare nel cervello un recettore responsabile di un segnale di rallentamento, contribuendo probabilmente anche all’ansia e ad altri disturbi dell’umore in alcune persone. In precedenti lavori gli esperti avevano isolato un interruttore molecolare, il recettore GPR158, che induce sintomi depressivi in condizioni di stress prolungato. Adesso gli esperti hanno scoperto che la glicina è una chiave di questo recettore. Per gli autori dello studio questo meccanismo potrebbe veramente cambiare le cose, perché ad oggi i farmaci contro la depressione sono pochi e impiegano settimane prima di fare effetto. Quindi, dicono, sono davvero necessarie nuove e migliori opzioni per quello che si profila come uno dei bisogni sanitari più urgenti al mondo.

UN MALE IN CRESCITA

Complice la complessità sempre più elevata del quotidiano, il numero di pazienti depressi è aumentato negli ultimi anni in modo esponenziale. I più colpiti sono i giovani, che vivono un disagio profondo e spesso poco compreso. La glicina viene già venduta come integratore alimentare per migliorare l’umore. È un elemento di base delle proteine, è presente in cibi proteici come carne e legumi e agisce su molti tipi di cellule, a volte in modo complesso. Abbiamo un disperato bisogno di nuovi trattamenti per la depressione, ha detto Kirill Martemyanov, autore del lavoro. La glicina e il recettore GPR158 potrebbero aprire la strada a nuovi approcci terapeutici.

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