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Ocse. In Italia chi è povero va male a scuola. Ascensore sociale fermo da 20anni

Ocse. In Italia chi è povero va male a scuola. Ascensore sociale bloccato da 20 anni

La cultura è il mezzo più potente per favorire la mobilità sociale. Chi nasce in un contesto svantaggiato, grazie all’istruzione, ha la possibilità di esprimere il proprio potenziale al pari di un ragazzo più agiato. In Italia, secondo l’Ocse, questo non succede. Solo il 12% degli studenti più svantaggiati va bene a scuola. In altre parole: l’ascensore sociale dell’istruzione è fermo. I dati contenuti nell’ultimo Rapporto Ocse-Pisa  mostrano una realtà che fa riflettere: già dall’età di 10 anni gli studenti italiani pagano il prezzo della loro condizione sociale. Solo uno su otto, tra gli svantaggiati, riesce a emergere (spesso finisce nei licei).

L’Italia

Il Rapporto Ocse-Pisa: «Equità nell’istruzione: abbattere le barriere alla mobilità sociale» ha messo a confronto in 70 nazioni le possibilità di progredire grazie all’istruzione. Il quadro che emerge è ben diverso in ogni paese. In Italia da circa 20 anni il divario tra studenti svantaggiati e coetanei più fortunati resta invariato, le origini sociali incidono molto sull’istruzione e sulla scelta delle scuole. Una differenza che si ripercuote anche sul benessere psicofisico, sul senso di appartenenza e sull’inclusione. Il 18% degli studenti svantaggiati si dice poco o per nulla soddisfatto della propria vita, contro il il 13% degli altri studenti. Inoltre, la percentuale di studenti svantaggiati che dichiara di «sentirsi nel suo ambiente» a scuola è diminuita dal 2003 al 2015, passando dall’85% al 64%. Per dirla con i numeri, si tratta di circa 60mila studenti che si sentono più disagiati. Una situazione che facilmente porta ad un minore impegno e ad assenze ingiustificate. C’è da aggiungere poi che nei 12 anni considerati, il numero degli studenti nati fuori dall’Italia è molto cresciuto e spesso lo svantaggio sociale si somma a quello culturale, trovandosi in un paese diverso da quello d’origine.

Un «gap» che la scuola non riesce a colmare

Sulla scala dei test Pisa, ci sono 76 punti di differenza nelle competenze di scienze tra un 15enne italiano che ha una posizione socio-economica avvantaggiata e un coetaneo svantaggiato (30 punti di differenza sono pari a circa un anno di studio). Prendendo poi i più bravi che hanno il massimo delle competenze (spesso anche a livello internazionale) e mettendoli a confronto con gli studenti delle fasce socio-economiche più basse, la differenza arriva a 150 punti. Solo il 12% degli studenti più svantaggiati, risulta tra i più «bravi» in Italia, mentre la media tra tutti gli studenti è il 25%. Un divario «incommensurabile», nota Francesco Avvisati, economista Ocse tra gli autori dello studio. In Italia chi ha genitori con un’istruzione elevata ha più possibilità di prendere la laurea, rispetto a chi ha invece genitori poco istruiti. Inoltre, la metà degli studenti svantaggiati frequenta il 25% delle scuole più svantaggiate del Paese e solo il 6% frequenta le scuole meglio attrezzate. Questo livello di «segregazione» è però simile a quello medio osservato nei paesi Ocse. Solo i paesi nordici hanno livelli più bassi.

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