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Diagnosi precoce. Adesso è questa la sfida da vincere

diagnosi. Alberto Burlina, direttore U.O.C. Malattie metaboliche ereditarie dell’Azienda Ospedaliera Universitaria di Padova

La sfida è arrivare alla diagnosi precoce, possibilmente già alla nascita perché anche le terapie più rivoluzionarie comprese quelle geniche più avanzate sono efficaci solo se si interviene prima che gli organi, soprattutto il cervello, siano compromessi». Alberto Burlina, direttore U.O.C. Malattie metaboliche ereditarie dell’Azienda Ospedaliera Universitaria di Padova non ha dubbi. Ed è con lui che abbiamo voluto tracciare i contorni di un tema molto dibattuto, nel quale spesso le fake news creano allarmi ingiustificati o false aspettative. Iniziamo col dire che le malattie metaboliche ereditarie fanno parte delle malattie genetiche, e sono quindi legate ad un’alterazione del DNA. «In questo caso specifico parliamo di alterazioni che hanno una ereditarietà – dice Burlina – trasmesse dai genitori ai figli secondo diverse modalità».

Burlina chiarisce poi che queste malattie interferiscono nel metabolismo cellulare dato che nella maggior parte dei casi le alterazioni sono legate alla carenza di un enzima che non permette all’organismo di usare in maniera corretta i grassi, gli zuccheri e le proteine. Recenti studi dimostrano che esistono anche difetti di trasporto e scambio all’interno della cellula di questi metaboliti. Oggi si conoscono circa 1.000 differenti malattie metaboliche ereditarie presenti non solo in età pediatrica, ma anche oltre. «Molte di queste scoperte sono recenti perché abbiamo sviluppato conoscenze scientifiche tali da poter indagare con tecniche biochimiche e genetiche i meccanismi del danno biologico nella maggiore parte di queste malattie. Ed è per questo siamo in condizione di fare diagnosi più efficaci e precoci».
Se il progresso scientifico ha consentito di indagare a fondo molti dei meccanismi alla base di queste malattie rare, resta da chiedersi quali siano oggi (e per il prossimo futuro) le opzioni terapeutiche. Per Burlina: «sono molte e sempre più personalizzate. Semplificando si va dalle terapie che puntano sull’eliminazione dell’alimento che non viene correttamente metabolizzato, a terapie farmacologiche (per via orale o tramite infusione) e trapiantologiche che sostituiscono l’enzima mancante. Sino alle modernissime terapie geniche, che potrebbero rappresentare una cura definitiva. Lo sviluppo di queste terapie e complesso e richiede tempi non brevi dato che non devono creare danno, e devono dimostrare di curare la malattia. Sono, l’ esempio più limpido della medicina personalizzata». Questo è ancor più vero se si pensa che soggetti con la stessa malattia (trattandosi di patologie genetiche) possono avere espressioni cliniche differenti. Ad ogni modo le prospettive di cura sono molto incoraggianti e permettono di guardare con ottimismo il futuro di queste malattie».

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