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Microplastiche nelle acque potabili, ‘call to action’ per azioni europee

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La Commissione Europea vuole individuare entro il 2024 un sistema per monitorare le microplastiche nelle acque potabili. Lo scopo è inserire quest’ultime nella “Watch List”, un Elenco di Controllo in cui vengono riportate sostanze emergenti, potenzialmente rischiose per il consumatore, se presenti nelle acque destinate al consumo umano.

La Direttiva (UE) 2020/2184 sulla qualità delle acque potabili, infatti, stabilisce la necessità di strategie di monitoraggio e prevenzione basate sull’analisi di rischio sito-specifica, al fine di garantire la salubrità delle risorse idriche e prevenire o controllare un eventuale inquinamento dato da contaminanti emergenti, come le microplastiche, ad oggi non regolamentati.

Su mandato della CE, il Joint Research Center (JRC) sta raccogliendo dai diversi Stati Membri informazioni sulle metodologie analitiche e sull’esistenza di azioni di monitoraggio pianificate o in corso per la ricerca delle microplastiche in acqua potabile. L’obiettivo è individuare una metodologia armonizzata e condivisa. In Italia, per definire un quadro nazionale di attività, è stata valutata la necessità di un gruppo di lavoro nazionale, istituito presso il Ministero della Salute con coordinamento dell’ISS, nell’ambito del Dipartimento Ambiente e Salute, che coinvolga anche esperti in materia di ricerca e sorveglianza sulle microplastiche nelle acque potabili.

Cosa sono le microplastiche

La diffusione di plastiche nell’ambiente ha effetti devastanti, soprattutto negli ambienti acquatici. A causa della loro persistenza incidono sulla salute degli organismi che vivono negli ecosistemi. Preoccupa soprattutto l’inquinamento ambientale dovuto alle microplastiche, contaminanti emergenti del tutto ubiquitari, con un profilo tossicologico ancora poco chiaro.

Pur non esistendo una definizione scientificamente condivisa, le microplastiche sono classificate come particelle di dimensioni inferiori a 5 mm e generalmente di grandezza compresa tra 1 µm e 5 mm. Ne fanno parte materiali con composizioni chimiche, forme, colori e dimensioni diverse, ai quali vengono spesso aggiunti additivi e plastificanti. Possono derivare dalla frammentazione o degradazione di rifiuti plastici più grandi o essere prodotte ex-novo nello stesso range dimensionale con il quale si ritrovano nell’ambiente. In entrambi i casi impattano sulla salute in maniera grave, per via dell’interazione della plastica con gli organi e i tessuti degli animali e per l’azione indiretta, legata alla loro possibilità di agire come vettori di altri inquinanti e/o patogeni.

L’acqua superficiale è uno dei principali veicoli di diffusione delle microplastiche nell’ambiente, perché in essa vengono convogliate plastiche da più fonti. Le acque superficiali possono diventare, a loro volta, un sito di ingresso delle microplastiche nella catena idropotabile con potenziale contaminazione delle acque destinate al consumo umano.

La presenza di microplastiche nelle acque potabili è stata riportata in diversi studi, anche se i risultati sono difficilmente confrontabili, per differenze di campionamento e tecnica analitica utilizzata.

Sebbene i primi dati sull’efficacia di rimozione delle microplastiche dagli impianti di potabilizzazione abbiano dimostrato la capacità delle tecnologie di trattamento, vi è maggiore incertezza sul destino di fibre e particelle di dimensioni minori.

 

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