Prevenzione Stili di vita

Mal di schiena cronico, l’ago della bilancia grava sulla terapia

mal di schiena, immagine scheletro 3d

I chili di troppo hanno un peso anche sul mal di schiena. L’efficacia delle terapie per il dolore cronico, infatti, dipende molto dall’ago della bilancia. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità il mal di schiena rappresenta la prima causa di disabilità e comporta assenze frequenti dal lavoro. In Occidente l’80% circa delle persone dichiara di avere sperimentato almeno una volta nella vita la lombalgia, o low back pain. In altre parole è uno dei più grandi problemi dell’uomo e va affrontato con un approccio multidisciplinare. La prima cosa da fare è individuare lo specialista adatto e rivedere lo stile di vita. Infatti, non sempre il mal di schiena deriva da una patologia specifica, come ad esempio ernie, artrite, problemi alla colonna, osteoporosi o altro. Il mal di schiena spesso può essere il sintomo di cattive abitudini e uno stile di vita inadeguato. Una vita sedentaria, un’alimentazione sbagliata e il sovrappeso gravano sulla lombalgia; così come lo stress, la tensione muscolare che ne consegue, l’ansia e la depressione.

L’origine del mal di schiena

Se il dolore di origine vertebrale può avere molte cause, spesso nella diagnosi emerge un carico posturale errato, per colpa del sovrappeso. I chili di troppo sono un ostacolo all’efficacia delle terapie e al recupero funzionale, perché incidono pesantemente sul livello di dolore anche quando il paziente è a riposo. Da qui l’importanza di un’intervento multidisciplinare, che includa ortopedici, fisiatri, fisioterapisti, terapisti del dolore, nutrizionisti, dietologi e medici di medicina generale. Durante un recente incontro a Milano sul carico posturale e sul dolore cronico, Paolo Grossi, coordinatore scientifico del corso e direttore dell’Unità di Anestesia, rianimazione e terapia del dolore all’Istituto Gaetano Pini – Cto —, ha parlato anche del ruolo dell’analogo del Glp-1 (glucagon-like peptide 1) nel controllo del peso del paziente. Durante l’incontro sono stati presentati dati che ne dimostrano l’efficacia e la sicurezza, con le dovute regole di ingaggio e di monitoraggio, assieme all’introduzione del concetto di dieta e fenomeno infiammatorio.

Il ruolo dell’ormone Glp-1

Il glucagon-like peptide 1 è un ormone prodotto dall’intestino che stimola la secrezione di insulina e inibisce quella di glucagone da parte del pancreas. Il Glp-1 si attiva soltanto quando la glicemia sale per effetto dell’assunzione dei carboidrati. Rallenta lo svuotamento gastrico, aumentando il senso di sazietà, e riduce l’appetito, agendo direttamente sui centri di regolazione della fame del sistema nervoso centrale. Una volta attivato, l’ormone viene poi rapidamente degradato da un enzima, la Dpp-4 (dipeptil-peptidasi 4). Per allungare il tempo della degradazione del Glp-1 sono stati sviluppati degli analoghi, definiti «agonisti del recettore del Glp-1». Hanno una struttura più o meno simile all’ormone, ma sono in grado di resistere all’azione di degradazione esercitata dalla Dpp-4. Questi medicinali in un primo momento erano riservati ai pazienti diabetici, poi sono entrati nella pratica clinica anche per il loro effetto «dimagrante». Nel primo mese di utilizzo l’effetto è modesto, dal secondo diventa più incisivo. Il comportamento alimentare del paziente tende a cambiare spontaneamente, perché avverte meno fame. Contemporaneamente – spiegano gli specialisti – il soggetto è trattato con antidolorifici e antinfiammatori, che vengono iniettati vicino alla colonna vertebrale e non assunti per bocca, in modo da limitarne gli effetti collaterali.

Quando non agiscono

I farmaci ipoglicemizzanti sono in grado di abbassare la glicemia, ma agiscono solo quando il livello è elevato, quindi non incidono se essa è in quantità adeguata. Vengono proposti in casi in cui il sovrappeso (o obesità) è tale da impedire l’efficacia di qualunque dieta o esercizio fisico. Molto spesso i pazienti hanno dolore sempre tranne quando stanno a letto, unica posizione in cui si riduce al minimo il carico sulla colonna. Intervenire inizialmente, tramite l’analogo del Glp-1 (liraglutide o semaglutide), diminuendo il carico ponderale e migliorando quello posturale, può fare la differenza e mettere il paziente in condizioni di intraprendere la strada della guarigione.

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