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Cuore: niente più aritmie e arresti cardiaci con staminali modificate

cuore

Una nuova metodica in grado di riparare il cuore infartuato ha mostrato gli effetti positivi delle cellule staminali ingegnerizzate. Si tratta della prima volta in cui vengono raggiunti questi risultati. Lo studio, intitolato Gene editing to prevent ventricular arrhythmias associated with cardiomyocyte cell therapy, sono stati pubblicati su Cell Stem Cell.

Lo studio

La ricerca è stata co-coordinata da Alessandro Bertero, responsabile del laboratorio Armenise-Harvard di genomica dello sviluppo e ingegneria cardiaca presso il Dipartimento di Biotecnologie Molecolari e Scienze per la Salute dell’Università di Torino, e dal professore Chuck Murry, direttore dell’Institute for Stem Cell and Regenerative Medicine dell’Università di Washington.

Secondo la letteratura scientifica recente, trapiantare cellule di cuore differenziate da cellule staminali ha un grande potenziale terapeutico, tuttavia espone il paziente a un periodo transitorio molto pericoloso, in cui possono verificarsi severi disturbi del ritmo cardiaco, come le aritmie.

Aritmie del cuore 

In questo studio innovativo è stato scoperto il meccanismo molecolare che porta a un’incompatibilità tra le cellule trapiantate ancora ‘immature’ e quelle del cuore adulto. E ciò influenza la capacità delle cellule immature di battere ritmicamente in modo analogo alle cellule del pacemaker adulto ma diversamente dal resto del cuore. I risultati del nuovo lavoro dimostrano, invece, l’assenza di aritmie legate al trapianto quando si applicano metodiche di editing genetico per ingegnerizzare le cellule staminali.

Lo studio è stato pubblicato dopo la notizia del finanziamento di oltre 7 milioni di euro, conferito dal Ministero dell’Università e della Ricerca al Dipartimento di Biotecnologie e Scienze per la Salute UniTo nell’ambito del bando Dipartimenti di Eccellenza, ottenuto grazie al progetto Expect (EXcellence Platform for Engineered Cell Therapies). Il progetto quinquennale (2023 – 2027) si concentrerà sulle cellule immunitarie antitumorali già validate nella pratica clinica.

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