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Liste d’attesa di oltre un mese per 4 italiani su 10 nel 2018

infezioni, un ospedale italiano

Quattro italiani su dieci hanno affrontato lunghe liste d’attesa per curarsi. A mettere sotto la lente d’ingrandimento il nostro Sistema Sanitario Nazionale è un rapporto di European House-Ambrosetti, presentato a Roma nel corso di un incontro organizzato da UniSalute, società che gestisce 43 Fondi Sanitari integrativi di categoria. 

L’analisi 

Nel 2018 quasi il 40% degli italiani adulti (circa 20 milioni di persone), ha avuto una o più esperienze di liste d’attesa di più di un mese. Quasi la metà (il 48,5%) di chi ha sperimentato le liste d’attesa per le prestazioni Asl ha avuto anche una o più esperienze di Pronto Soccorso. Per le visite specialistiche, ha dovuto attendere circa il 60% di chi ha sperimentato una lista, e per gli accertamenti diagnostici (42,7%), le attese hanno superato anche i 120 giorni.

Spesa pubblica 

Lo studio mostra come l’incidenza della spesa sanitaria pubblica italiana sul Pil (pari a 6,6%) sia minore della media europea (7,4%). Inoltre è destinata a diminuire nei prossimi anni e con un gap, rispetto agli altri paesi del Vecchio continente che andrebbe ad ampliarsi. Per esempio Germania, Svezia e Paesi Bassi, spendono più di 4.000 euro l’anno per ogni cittadino, quasi il doppio di quanto spende l’Italia. Il risultato, avvertono gli esperti, è una maggiore spesa da parte dei cittadini. “La tendenza all’aumento della spesa sanitaria privata e soprattutto di quella out of pocket (ben il 24% in più negli ultimi anni) – scrivono gli esperti – evidenzia uno stato di sofferenza del nostro sistema sanitario nazionale in considerazione di uno sbilanciamento demografico verso la fascia più anziana delle popolazione che genera conseguentemente una maggiore domanda di salute”. Ben il 91% della spesa privata (36 miliardi di euro) è stata out of pocket, ovvero sostenuta interamente di tasca propria dai cittadini, mentre solo per il rimanente 9% si è trattato di spesa intermediata. Un dato che inoltre evidenzia come in Italia la sottoscrizione di forme di sanità integrativa rimanga un fenomeno ancora limitato rispetto ad altri paesi europei: in Irlanda, Francia e Paesi Bassi la componente intermediata raggiunge un’incidenza superiore al 40%. “Siamo convinti che la sanità integrativa dovrà mantenere e ampliare il ruolo di primo piano grazie all’importante attività svolta ad oggi dai Fondi Sanitari di categoria che hanno consentito di intercettare parte della spesa diretta in sanità per oltre 5,8 milioni di assistiti”, ha commentato l’Amministratore Delegato di UniSalute, Fiammetta Fabris.

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