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Sonno: preserva cervello e risposta immunitaria e ai vaccini

Una quantità di sonno ideale ogni notte mantiene inalterate le abilità cognitive. Tra gli effetti legati alla carenza c’è, invece,  il peggioramento della risposta immunitaria acquisita, con conseguente minore effetto dei vaccini e maggiore suscettibilità alle infezioni e all’infiammazione. Ma qual è la giusta misura di sonno? Come dice la locuzione latina: in medio stat virtus, quindi né troppo e né poco.

Un’indagine su diecimila volontari a cui è stato chiesto di monitorare il proprio sonno nell’arco di tre giorni, pubblicata nel 2018 sulla rivista Sleep, conferma che chi dorme meno o di più ha maggiori difficoltà nel ragionamento e nella comunicazione. In pratica diminuisce capacità e produttività. I ricercatori hanno inoltre osservato che l’età non incide molto sulla relazione fra sonno e performance. “Le ore di sonno necessarie al benessere psicofisico variano però a seconda dell’età: in età pediatrica occupano il 70% del ritmo circadiano e si riducono gradualmente in età prescolare, fino a occupare circa il 30% della giornata in età scolare”, spiega Giuseppe Insalaco dell’Istituto per la ricerca e l’innovazione biomedica del Cnr.

Durante il riposo notturno viene consolidato quanto appreso da svegli. “Il sonno Rem in particolare avrebbe un ruolo determinante nella maturazione cerebrale, stimolando i network neuronali e favorendo la sinaptogenesi, che è alla base della formazione di nuove mappe corticali e della facilitazione dell’incorporazione di nuovi comportamenti appresi in veglia e, quindi, dei processi di apprendimento tipici dell’età evolutiva”, prosegue il ricercatore. Il sonno sfronderebbe alcune delle connessioni inter-neuronali, per favorire il consolidamento delle memorie più rilevanti e l’associazione dei disturbi tipici del sonno con lo-sviluppo cerebrale è un’ulteriore conferma di questo ruolo. “Disturbi come le apnee notturne possono essere associati ad alterazioni della corteccia frontale, con secondaria disfunzione delle funzioni superiori che corrispondono a questo network neuronale: funzioni esecutive, apprendimento e memoria”.

Disturbi del sonno e numero di ore ideali

Secondo gli ultimi studi, negli adulti la quantità ideale di riposo per notte è di 7-8 ore. L’insonnia viene a volte sottovalutata, perché considerata un effetto secondario delle malattie psichiche e non una concausa. In un lavoro del 2017 pubblicato su The Lancet Psychiatry, gli autori hanno somministrato a circa metà di un campione di studenti universitari affetti da insonnia una terapia cognitivo-comportamentale specifica, mentre il campione di controllo era libero di ricorrere a trattamenti convenzionali. Nel primo gruppo è stato riscontrato un miglioramento globale, con riduzione dell’ansia e della depressione. “Oltre all’insonnia e alle patologie respiratorie i disturbi del sonno comprendono le parasonnie, i disturbi del movimento legati al sonno e i disturbi del ritmo circadiano”, aggiunge l’esperto del Cnr-Irib. Tra gli effetti legati alla carenza di sonno c’è il peggioramento della risposta immunitaria acquisita, con conseguente minore effetto dei vaccini e maggiore suscettibilità alle infezioni e all’infiammazione, come riportato sull’interessante review “Why Sleep Is Important for Health: A Psychoneuroimmunology Perspective” su Annual Review of Psychology. Le basi molecolari del riposo notturno sul sistema immunitario implicano l’azione di una serie di ormoni e molecole, come l’ormone della crescita e il cortisolo, le cui concentrazioni sono regolate secondo il ritmo circadiano.

“Crescono le prove sperimentali ed epidemiologiche di un’interazione reciproca tra i disturbi del sonno e il processo neurodegenerativo patologico, in particolare le demenze”, conclude Insalaco. “Un numero crescente di studi ha riportato associazioni tra aumento della proteina β-amiloide nel liquido cerebrospinale e in placche extracellulari e diversi schemi anormali di sonno-veglia, quali privazione o frammentazione di sonno. Nel sonno infatti, in particolare nel sonno profondo, avviene un processo di rimozione di questa proteina e di altre sostanze di scarto che, accumulandosi, aumentano la suscettibilità alle demenze“.

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