Alimentazione

‘Diet Gap’: quali sono le abitudini alimentari inadeguate

'Diet Gap': quali sono i sistemi alimentari inadeguati

L’obiettivo è misurare l’inadeguatezza dei sistemi alimentari dal punto di vista della salute e della sostenibilità. Per questo un gruppo di ricercatori del Politecnico di Torino ha creato nuovo indicatore, il Diet Gap. Lo studio è stato pubblicato su Nature Food. Le abitudini alimentari sono peculiari di ogni paese e quindi possono variare molto per ragioni legate al contesto storico, religioso, culturale, economico e sociale: “siamo quello che mangiamo”.

“Secondo le indicazioni della commissione EAT-Lancet – spiegano gli autori –  dovremmo limitare il nostro consumo settimanale di carne rossa a un massimo di 200 grammi. In media globale, tuttavia, superiamo di 2,5 volte questa soglia; in Europa tale soglia viene superata di ben 4 volte con importanti ripercussioni sulla salute e sull’ambiente – commentano gli autori dell’articolo – Guardando invece al consumo di legumi il Diet Gap mette in luce un consumo ben inferiore alla quantità ideale (circa 100 grammi al giorno), soprattutto nei paesi più sviluppati, dove il consumo di ceci, fagioli, lenticchie risulta circa stagnante e sotto soglia fin dagli anni Sessanta”

“Il consumo di frutta e verdura mostra invece una dinamica più virtuosa – proseguono gli autori – dal momento che in molti paesi del mondo le soglie suggerite dalla commissione (300 grammi di verdura al giorno e 200 grammi di frutta) sono rispettate.” Tuttavia, gli autori evidenziano la problematica dei cosiddetti Food Deserts, i deserti alimentari che si trovano in alcune città nei paesi più sviluppati, dove il reperimento di frutta e verdura fresca risulta spesso molto difficile soprattutto per i più poveri.

Complessivamente, lo studio mostra come una transizione verso un sistema alimentare più sano implichi una transizione verso un sistema alimentare più sostenibile. “Se tutti i paesi adottassero la dieta EAT–Lancet, l’impronta idrica diminuirebbe del 12% a scala globale” commentano gli autori. Il cibo presenta infatti impronte idriche molto diverse: in Italia 200 grammi di lenticchie richiedono circa 900 litri di acqua, mentre 200 grammi di carne bovina ne richiedono più del doppio.

A conclusione dello studio, gli autori offrono un’ampia panoramica degli approcci utili ad innestare la transizione verso a una dieta sana e sostenibile. Tra essi vengono menzionati la sensibilizzazione dei consumatori e una corretta educazione, gli incentivi economici per superare le barriere di accesso a un mercato sano nei deserti alimentari delle città, la tassazione delle bibite gasate. Inoltre il miglioramento della refrigerazione, della trasformazione degli alimenti e l’imballaggio sostenibile offrono un contributo fondamentale per preservare l’ambiente e migliorare la salute pubblica. Come suggerito dalla Commissione, la dieta Lancet è stata concepita per essere il più versatile possibile e per includere e promuovere le diverse esperienze culinarie come opportunità per imparare nuovi modi di preparare diete sane e piacevoli (come dimostra la raccolta di ricette e consigli disponibile online).

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