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Coronavirus, studio ISS sull’effetto delle misure di distanziamento

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Un cartello esposto da un bar con le raccomandazioni emanate dal Governo per contenere il contaggio da Codiv-19. Pochissime le persone in giro nel centro città, alcuni con il loro cani. Nel centro storico molti esercizi pubblici chiusi volontariamente a causa del Coronavirus e delle regole imposte dal Governo, per limitare i conteggi. Genova, 11 Marzo 2020. ANSA/LUCA ZENNARO

Segnali di positività messi nero su bianco da uno studio dell’Istituto Superiore di Sanità. I numeri confermano in via definitiva che le misure di contenimento del virus hanno avuto un effetto positivo sull’indice di riproducibilità del Sars-Cov-2, facendolo diminuire già dai primi giorni dopo l’applicazione sia in Lombardia che, con un certo ritardo temporale, nelle altre regioni. A fotografare l’andamento del primo mese di epidemia in Italia è un articolo pubblicato sul sito di preprint MedArxiv. Nello studio i ricercatori dell’ISS e della Fondazione Bruno Kessler di Trento hanno analizzato i dati del sistema di sorveglianza nazionale fino al 24 marzo (corrispondenti a circa 63mila casi), e oltre a descrivere le caratteristiche principali dell’epidemia, come la mortalità, hanno applicato dei modelli matematici per stimare l’andamento di R0, che dà la misura della capacità del virus di diffondersi in assenza di misure di contenimento, e di Rt, parametro che indica l’indice di riproducibilità del virus in un dato momento in presenza di misure, in alcune regioni. In Lombardia il valore di R0 ha raggiunto il massimo di 3 tra il 17 e il 23 febbraio, per poi iniziare la discesa man mano che venivano adottate le misure di contenimento a livello locale e nazionale. Al 24 marzo l’indice era ancora poco sopra 1, ma con un trend favorevole consolidato (se l’indice è superiore a 1 ogni persona infetta ne contagia più di una, e l’epidemia di conseguenza si espande).

Un discorso simile, in qualche caso traslato nel tempo, riguarda le altre regioni esaminate. In Emilia Romagna ad esempio l’indice era ancora sotto 1 il 10 febbraio, ma ha raggiunto rapidamente i valori della Lombardia tanto da arrivare a circa 3 la settimana successiva. Nel Lazio e in Puglia, dove il virus circolava probabilmente molto meno rispetto alle regioni del nord, il valore 1 è stato superato verso la metà di febbraio, con un picco raggiunto a ridosso dell’inizio delle prime misure su scala nazionale, quando è iniziata una discesa.

“L’infezione da Covid-19 in Italia – concludono gli autori – è emersa con un cluster di esordio simile a quello descritto a Wuhan, e come in quel caso ha mostrato esiti clinici peggiori nei maschi anziani con comorbidità. L’R0 iniziale di 2,96 visto in Lombardia spiega l’alto numero di casi e la rapida diffusione geografica osservata. In generale il valore di Rt nelle regioni italiane sta diminuendo, anche se in maniera diversa nel paese, e questo sottolinea l’importanza delle misure di controllo non farmacologiche”.

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